La classe operaia va in paradiso. Cesare Benedetti, 32 anni, di Rovereto: qualche soddisfazione qua è la tra crono a squadre e classifiche parziali. Ora una vittoria tutta sua, la prima da professionista, al Giro e non certo in una tappa banale. Jan Polanc, 27 anni, è la nuova maglia rosa. Sloveno non è né gregario né carneade, anzi… E’ un tipo non del tutto raccomandabile per i big, se non altro per avere vinto al Giro già tappe in quota: Abetone ed Etna. Succede in vetta al compagno di squadra Valerio Conti: plauso alla strategia del Team UAE, che manda in fuga il più in forma, si permette di stare alla finestra e resta in rosa. Polanc ora è atteso da montagne in serie. Non sembra in grado di resistere fino alla terza settimana, ma qualche giorno sotto i riflettori spera di farselo: “Ho raggiunto il mio obiettivo, ho anche cercato di vincere la tappa ma tutti quelli che erano con me sapevano che ero messo meglio in classifica e mi tenevano d’occhio. E’ bello avere la maglia rosa. Spero di tenerla qualche giorno, vediamo domani e nei prossimi giorni come andrà”.
Benedetti e Polanc, protagonisti inattesi di una Cuneo-Pinerolo alleggerita. L’originale, quella della leggenda, della cavalcata solitaria e infinita (192 km) di Fausto Coppi, proponeva Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro, Sestriere. Replay molto diverso, ma dall’alto tasso simbolico. Le insidie comunque non mancano. La principale è salita di Montoso. Il Giro non l’ha mai fatta. Sono 8,9 km al 9.4% (6 sono sopra il 10%, in un tratto si arriva al 14%). C’è poi un muro prima dell’arrivo: non raggiunge il mezzo km, ma ha punte del 20…
Dettagli che oltre a Viviani – addio al Giro già anticipato a Novi Ligure – non interessano più neanche a Caleb Ewan. Orizzonte con troppe salite e pochissimi sprint, meglio tornare a casa.
Fuga di giornata ricchissima: via in 25, squadre rappresentate, 18. Meglio evitare elenchi, citiamo quelli che vanno meglio. Caruso, Capecchi, Benedetti, Brambilla, Dunbar, Polanc, Cataldo e Montaguti. Aggiungiamo anche De Gendt: non arriva con i migliori, ma giusto ieri faceva tweet di nostalgia per la mancanza di salite. Servito con gli interessi.
Tra i big non succede tantissimo, ma ci sono spunti. Miguel Angel Lopez e Landa ad esempio, in ritardo nella prima settimana, guadagnano una trentina di secondi sugli altri. Buona azione in salita, perfetto appoggio dei luogotenenti Boaro e Sutterling nel tratto finale. Primo nome eccellente a saltare: Bob Jungels, quando la strada sale non tiene ritmo (due minuti e mezzo accusati dai rivali). Circa gli altri, Nibali è piaciuto: sempre nelle posizioni di testa, lo Squalo prova anche una accelerata in cima a Montoso. Roglic più al coperto, mai in primo piano ma tutto sommato presente nei momenti topici.
Due corse in una insomma. Il trait d’union lo fa Cataldo: potrebbe vincere, ma onestamente confessa al suo ds Martinelli di non avere la condizione giusta e viene delegato ad aiutare capitan Lopez. Sullo strappo finale Brambilla scatena un forcing al quale Capecchi replica con apparente facilità, poi si aggiunge l’irlandese Dunbar. La vittoria sarebbe affar loro, ma tentano tutti il bluff: aspetta tu che aspetto io, da dietro rientrano, e tocca a Benedetti vincere su Caruso. “Non sono mai stato un corridore particolarmente talentuoso, non sono di solito un vincente -l’analisi di Benedetti -. Nell’ultimo strappo ho perso contatto dai primi ma sapevo che i tre davanti si sarebbero guardati un po’ troppo. Nel finale sono riuscito a fare esattamente quello che avevo in mente”.