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    MotoGP, Checa su Valentino Rossi: “Nel 2004 svegliò la Yamaha”

    ROMA – “Sinceramente non credevamo che Valentino fosse capace di vincere con la Yamaha, e lo ha fatto, e per me è stata una lezione. Non lo so, forse ci siamo addormentati un po’, sui limiti della moto. Valentino è arrivato con energia, credo sia stato il suo momento migliore. Inoltre, l’ha vissuta come una specie di rivincita, ha pensato: ‘Pensate che io vinca solo perché sono in sella a una Honda, ora vi faccio vedere’”. Così Carlos Checa, intervistato nell’ambito del programma “La Caja de Dazn”, ha ricordato il 2004, stagione in cui Valentino Rossi ha stupito tutta la MotoGP, passando da una scuderia dominante, la Honda, a una in difficoltà, la Yamaha, riportandola sul tetto del mondo dopo oltre un decennio. Una stagione che fa parte dei momenti chiave che hanno consegnato il Dottore alla leggenda del motorsport.  LEGGI TUTTO

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    MotoGP, Ezpeleta: “Le sprint hanno raddoppiato il pubblico”

    ROMA – Il grande elemento di novità della stagione 2023 di MotoGP sono senza dubbio le Sprint, inserite in ogni weekend di gara e subito divisive nei confronti dell’opinione di addetti ai lavori e non: c’è chi le ama già, e chi invece vorrebbe subito eliminarle. Di sicuro, al grande pubblico piacciono, stando al resoconto di Carmelo Ezpeleta in un’intervista concessa ad AS: “Penso che non dovrebbe esserci nessuno che non sia un sostenitore del nuovo formato. Non vedo la necessità di cambiare qualcosa al momento, ma nel caso lo faremo. La Sprint, però, rimane, è un buon formato che ci piace e, soprattutto, ha raggiunto ascolti che non avevamo da prima del 2019, quasi raddoppiando il pubblico del sabato in tutti i Paesi, e ciò ha fatto crescere anche il pubblico della domenica”. LEGGI TUTTO

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    MotoGP, Bautista: “Sprint pericolose? Colpa dei piloti”

    ROMA – I primi due Gran Premi di MotoGP non hanno risparmiato un grande spettacolo in pista, con Marco Bezzecchi che ne è uscito con il primo posto in classifica, ma anche con molte polemiche. Il riferimento è soprattutto alle Sprint, che secondo una certa visione, avrebbero portato i piloti ad adottare un atteggiamento spericolato, alla ricerca dei pochi punti in palio. Ma c’è anche chi non è d’accordo con questo tipo di lettura, come ad esempio Jack Miller; tra le voci a favore delle Sprint si alza anche quella di Alvaro Bautista, che in un’intervista a Motorsport.com ha dichiarato: “Le Sprint non sono pericolose. Il discorso, semmai, è come il pilota le gestisce: il rischio e il pericolo dipendono dai piloti, non dalla gara o dal format”.  LEGGI TUTTO

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    Il preparatore di Alonso: “Tre segreti dietro al fenomeno”

    Fabrizio è uno che quando lo chiami in causa si rintana nella conchiglia come il paguro bernardo: non schivo, di più, ma se lo prendi bene ti squaderna una Neverending Story. Il tema è naturalmente questo promettente ragazzino di quarantun anni, sotto contratto con Aston Martin per correre sino ai quarantaquattro (fine 2024). E poi chissà, sarà lui il primo a saperlo visto che ogni mattina si alza per scoprire qualcosa di nuovo dentro sé stesso. Borra lo segue da vent’anni, alternandosi con Edoardo Bendinelli. «E dobbiamo stare bene attenti – racconta Borra -, perché Fernando ha una memoria prodigiosa e se tu sgarri con un’inesattezza, un dettaglio che magari negli anni ha finito per sfuggirti, ti riprende e ti corregge».
    E allora non c’è domanda con cui si possa davvero incominciare. Spieghi lei chi è oggi Fernando Alonso. «Un pilota con un approccio rigorosamente scientifico da quando lo conosco, e di anni ne aveva diciassette, allievo nella Minardi. C’è un talento di base come i grandissimi campioni, gli Schumacher, gli Hamilton, i Verstappen; ma questo DNA conta fino a un certo punto, perché va applicato nell’ambito di un continuo aggiornamento scientifico».
    Da dove partiamo? «Da un discorso vecchio ma sempre valido, il triangolo della salute: strutturale, emotivo, chimico-nutrizionale. E partiamo dalla buona vecchia vita da atleta, che lui segue da sempre. Questa è la base».
    E sopra la base ci si monta… «La scienza, che fa passi da gigante e ci spinge di anno in anno a inserire qualcosa di nuovo nei programmi di preparazione. Preciso che io ed Edoardo non facciamo i tuttologi, ma sui diversi temi consultiamo i migliori esperti, poi le cose vanno spiegate per bene a Fernando che deve prima accettarle, altrimenti non se ne fa nulla. Quando lui dice sì noi partiamo, inserendo nuovi aspetti nella preparazione».
    Viene voglia di saltare subito all’ultimo gradino. «La nuova frontiera è l’aspetto cognitivo. Ricerche universitarie negli Usa hanno dimostrato come la neuroplasticità del cervello si possa allenare e possa migliorare a qualsiasi età, anche a ottant’anni. Parliamo di più aspetti: memoria, attenzione, velocità nel prendere decisioni, capacità di elaborazione, intelligenza selettiva, decisioni doppie, reattività. Se alleni tutto questo, puoi sfruttare la neuroplasticità per combattere l’invecchiamento e mantenere qualità che avevi a vent’anni. Ma bisogna cominciare da ragazzi, è troppo facile scoprirlo quando ne hai bisogno a quarant’anni. Fernando, su fronti avanzati come questo, sperimenta su sé stesso».
    D’accordo, ora torniamo un passo indietro, a scoperte già applicate da tempo. «Il sistema nervoso autonomo e il ritmo circadiano, sistema simpatico/parasimpatico. Di giorno dev’essere attivo il primo, di notte il secondo. Lui ogni mattina, appena sveglio, fa un test della variabilità cardiaca con un apparecchio; scopre così se di notte è stato attivo il sistema parasimpatico, che fa recuperare. Se, al contrario, è rimasto attivo il simpatico, è stato prodotto cortisolo, l’ormone dello stress: noi diciamo di aver dormito male. E’ come aver lasciato acceso un computer che non ha funzionato ma ha consumato. In quel caso adattiamo l’allenamento».
    Attento Borra, lei sta ammazzando la poesia. «Quella arriva alla fine della storia, quando uno dell’età di Fernando riesce a produrre quel livello di prestazioni, e a mantenerle. Alonso è Alonso anche perché, per fare un altro esempio, allena la reattività con un sistema di luci che alcuni hanno scoperto di recente, ma lui usa dal 2006. Giochiamo d’anticipo, prevenendo i problemi».
    E c’è l’aspetto emotivo. «Che è una parola generica, perché raccoglie studio del sistema nervoso autonomo, gestione neuromuscolare e motivazione. Tre cose che si completano tra loro e che continuiamo a studiare».
    Dunque: se la neuroplasticità si allena fino agli ottant’anni, avremo Fernando in Formula 1 per altri quaranta, giusto? (ride) «In realtà non sappiamo quanto correrà ancora, neanche lui lo sa perché, come dicevo, scopre sé stesso giorno dopo giorno. Fino a che il fisico e la testa gli danno queste risposte, continua. E la Formula 1 attuale lo aiuta, perché è sempre più importante la gestione delle risorse tecniche, a cominciare da gomme e benzina».
    Ultima cosa: come fa Fernando ad avere questa straordinaria lucidità in gara, a sapere sempre dove sono gli avversari e dov’è il suo compagno? «Guarda i maxischermi».
    Scusi? «Controlla la gara tenendo d’occhio i maxischermi per il pubblico, oltre a richiedere costantemente informazioni via radio».
    Le sue migliori armi? «Talento e approccio scientifico li abbiamo già detti; poi prodigiosa memoria, la capacità di elaborarla velocemente, la motivazione. Ma fondamentalmente: si diverte».  LEGGI TUTTO

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    Ducati pigliatutto in MotoGP: il successo manca solo in due piste

    ROMA – La MotoGP ha ufficialmente imparato a conoscere Marco Bezzecchi; il riminese aveva già stupito tutti al suo primo anno, meritandosi la palma di miglior rookie del 2022. La stagione 2023 è cominciata ancora meglio, con tre podi consecutivi, e in crescendo: terzo posto in gara a Portimao, secondo posto nella Sprint in Argentina, seguita dalla vittoria in gara. Un risultato storico anche per Ducati, visto che si è trattata della prima affermazione della scuderia di Borgo Panigale sul tracciato di Termas de Rio Hondo.  LEGGI TUTTO

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    MotoGP, Bezzecchi: “Crescita sorprendente. Classifica? L’ho guardata e ho goduto”

    ROMA – Marco Bezzecchi è il volto del momento in MotoGP, dopo aver raccolto la prima vittoria in carriera nella classe regina, imponendosi in Argentina; un trionfo che gli ha anche consegnato la testa momentanea della classifica. Temi raccontati in un’intervista a Sky Sport, in cui ha ammesso: “Sicuramente è stata una crescita sorprendente anche per me, non me l’aspettavo così rapida. Ma dall’anno scorso i ragazzi mi hanno aiutato molto, mi hanno fatto sentire molto bene, mi hanno dato una mano per andare sempre un po’ meglio. Sarà difficile lottare per il podio tutte le gare perché ci sono piloti fortissimi e molto più esperti di me, ma intanto un pezzettino l’ho messo lì. Cercherò di essere sempre veloce, e dove avrò la possibilità cercherò di lottare”. LEGGI TUTTO

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    Viaggio nella Rimini di Bezzecchi: “In pista ricorda Valentino Rossi”

    RIMINI – Si scrive Marco Bezzecchi, si legge una bella storia da raccontare. Perché dietro al primo successo di Marco in MotoGP c’è tanto altro. Attenzione, però, nulla di pirotecnico, ma “solo” una bella storia fatta di voglia, passione e semplicità. Quella che accompagna Marco dal 1998, il suo anno di nascita, figlia anche della Viserba – cittadina in provincia di Rimini – nella quale ha sempre fieramente vissuto, e dove ha iniziato a sviluppare l’amore per le due ruote. La foto del piccolo Bezzecchi con la sua prima minimoto, che replicava in qualche modo la Yamaha M1 di Valentino Rossi nella stagione 2004, del resto è diventata virale, e marca in un qualche modo il punto di partenza della sua storia sportiva.
    La prima mini moto
    «All’inizio non era super eccellente – la conferma di mamma Daniela – anzi sembrava quasi timoroso». «Faceva due o tre giri – approfondisce papà Vito – poi, se c’era troppo traffico in pista, diceva “andiamo a casa”. Ricordo bene la prima Minimoto: blu, come i colori Yamaha di Valentino, con il suo nome». A sentire ora queste parole viene da sorridere, ma il Bezzecchi attuale è figlio di una serie di progressi costanti e importanti. Lo sa bene bene la famiglia Zocchi, papà Giuliano e i figli Denis e Stefano, gestori della storica pista di minimoto di San Mauro Mare – 15 minuti da Viserba – dove Marco ha iniziato.
    Impennate e partenze
    «Oggi per me Bezzecchi significa impennate – apre Denis – dato che quando viene a girare si fa dei giri completi in impennata, ma lo abbiamo conosciuto da avversario, dato che ai tempi delle minimoto era il più grande rivale di Mattia Casadei ( ora in MotoE , ndc ), che correva per il nostro team. Quando è passato alle ruote alte Vito ha chiamato mio padre, per insegnargli a mettere le marce e a partire». «Le partenze – lo incalza Giuliano – erano il suo problema. Sfruttando le giornate di chiusura della pista ci lavorammo tanto, e ora sembra diventato un suo punto forte. Quei momenti mi sono rimasti dentro : è uno determinato. Ai tempi delle minimoto non era come Valentin o, che a volte buttava delle gare per irruenza: è sempre stato più preciso». «Era un bambino riservato – riprende Denis – ora è molto più estroverso, anche grazie alla VR46 Riders Academy, mentre la focosità nel momento clou è rimasta la stessa, anche se fuori dal box è la persona più tranquilla del mondo. È sempre andato forte, ma come altri, quindi posso dire che si sia costruito negli anni».
    Sul pezzo
    Anni nei quali, come in tante altre storie a due ruote, gli investimenti della famiglia non sono mancati, sospinti dalla passione per le moto che in Romagna contagia più di un abitante su due. «All’inizio vi sono lo sforzo economico a carico della famiglia – spiega Vito – e il tempo che non dedichi al resto della famiglia o al lavoro». Non pensate però che Marco fosse uno di quei ragazzini inconsapevoli di ciò che gli accadeva intorno, perché fareste un grave errore. A confermarlo con un aneddoto è Giorgio Marzola, capo del team – Minimoto Portomaggiore – con il quale Bez ha vinto il CIV – Campionato Italiano Velocità – Moto3 nel 2015. «L’ho conosciuto a 12 anni: con le minimoto era veloce, ma non era scontato che lo fosse anche con le moto vere. Ricordo che nell’estate durante la quale programmammo il suo debutto nel CIV Moto3 lui volle assistere a tutta la riunione, compresi i momenti relativi a soldi e progetto tecnico: la dimostrazione che era un professionista affamato sin da ragazzino. Se dicessi che ero sicuro che sarebbe diventato il pilota che è sarei bugiardo, ma che avesse del talento era chiaro, del resto ha debuttato nel CIV Moto3 con un podio, vincendo la terza. E ora si merita tutto quello che sta ottenendo».
    Anno da ricordare
    Il 2015 è un anno, per le due ruote, destinato ad essere ricordato. Per i più rappresenterà sempre l’anno dello scontro Rossi – Marquez, ma per Bezzecchi ha rappresentato forse la chiave di volta della sua carriera. Non solo per il titolo italiano che ha posto i primi riflettori su di lui, ma anche – o forse soprattutto – per i primi contatti con la VR46, della quale diventerà un pupillo dall’anno successivo. «È singolare che il primo incontro con Vale – ha raccontato lo stesso Bezzecchi – non sia stato in Italia ma in Qatar (quando Bez debuttò nel Mondiale con la Mahindra , ndc). «L’ho salutato e mi ha detto a sorpresa “Tu sei Bezzecchi, ti ho visto correre”. Da lì mi ha invitato al ranch, e tutto è partito». «Quando Carlo Casabianca (storico preparatore di Rossi e dei piloti VR46 , ndc ) me l’ha segnalato – il racconto di Alessio “Uccio” Salucci – gli dissi “Hai ragione, c’è qualcosa in questo ragazzo che fa la luce, dobbiamo prenderlo con noi”. Abbiamo sempre scelto i piloti in pista, soprattutto guardandoli negli occhi, per capire la loro passione. Marco è stato bravo perché è cresciuto, è maturato, mantenendo però la sua voglia e la sua guida, fatta anche di istinto. E poi non puoi non volergli bene».
    Dentro Rossi, fuori Bez
    Difficile trovare qualcuno senza una parola buona per Marco, e questo ben prima che l’Argentina lo incoronasse vincitore. E questo anche per il suo essere speciale: non parlate di paragoni con Rossi o Marco Simoncelli, almeno fuori dalla pista. «Se lo guardi correre ti ricorda Rossi – la perfetta chiosa di Denis Zocchi – fuori ricorda Marco Bezzecchi, perché ha una personalità tutta sua. Si differenzia dagli altri, quindi può diventare un personaggio. Lui, Bagnaia e Bastianini posso diventare i nuovi Rossi, Capirossi e Biaggi». Semplicemente Bezzecchi. Anzi, per stare al passo con i tempi, “Simply the bez”. LEGGI TUTTO