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    Ciclismo, Roglic blinda il Tour de France: a Kwiatkowski la diciottesima tappa

    ROMA – La conferma, probabilmente, non sarebbe neanche servita. Primoz Roglic ha voluto comunque ribadirlo: è il padrone del Tour de France e lo sarà, a meno di tracolli che avrebbero il sapore del dramma, fino ai Campi Elisi. Poteva essere la giornata dell’ultimo scossone in attesa della cronometro con arrivo a La Planche-des-Belles-Filles ma i rivali diretti dello sloveno, Pogacar e Lopez, non hanno neanche cercato di scalfire la corazza del leader della Jumbo-Visma e della classifica generale. A La Roche-sur-Foron vince Michael Kwiatkowski dopo un ultimo chilometro bellissimo, percorso praticamente abbracciato al compagno di squadra Richard Carapaz, nuova maglia a pois della corsa. Il coronamento di una tattica di squadra perfetta da parte della Ineos, che riscatta in parte un Tour reso maledetto dalle disavventure di Bernal e, va ricordato, dalla rinuncia preventiva a Geraint Thomas e Chris Froome. L’ecuadoriano ha corso con il coraggio di un leone nell’ultima settimana e la vittoria sarebbe stata il giusto premio per il trionfatore del Giro 2019, ma ha deciso, presumibilmente in accordo con l’ammiraglia, di lasciare il proscenio a uno degli uomini più rilevanti nel dominio della Ineos, fu Sky, in questi ultimi anni. Per lui è il primo successo di tappa al Tour. >Parecchie schermaglie in avvio di corsa: classico maxi drappello pronto alla fuga ma nel gruppone ci sono anche i velocisti, alla ricerca dei punti preziosi del traguardo volante. Bennett regola Trentin e Sagan e poi dà il via alla sua giornata di agonia, nel tentativo di non finire fuori tempo massimo. La fuga va via con qualche uomo in meno rispetto ai 32 di inizio gara e si infiamma sulla prima ascesa delle cinque di giornata: Hirschi e Carapaz sparano i petardi che danno il via allo sgretolamento del plotone sul Gpm di Cormet de Roselend. Lo svizzero della Sunweb sogna la maglia a pois, la Ineos fa partire Kwiatkowski con l’ecuadoriano, si aggiungono anche Edet (Cofidis) e Pello Bilbao, parte di un ingranaggio ben più grande organizzato dalla Bahrain-McLaren e che aveva visto anche il bel lavoro di Damiano Caruso, unitosi al gruppone di attaccanti in un secondo momento. Archiviate le prime tre ascese, tutte con lo stesso copione (Hirschi davanti a Carapaz), la prima svolta: lo svizzero scivola in discesa e deve familiarizzare con la fatica e le escoriazioni. Senza Edet, staccato, e senza Hirschi, isolato e incapace di rientrare, ne restano soltanto tre, ed è Carapaz a progettare, con successo, la detronizzazione di Pogacar dalla cima della classifica della maglia a pois.Per gli assalti nel gruppo maglia gialla c’è da attendere parecchio: scivola via anche il Col des Aravis, se ne riparla direttamente sul breve (6 chilometri) ma intenso Montée du Plateau des Glières, pendenza media superiore all’11%. Ci prova, con 24 ore di ritardo, Mikel Landa. Lo spagnolo è come sempre un piacere per gli occhi quando scappa via leggiadro sui pedali agli uomini di classifica, consapevoli di potergli lasciare spazio visto il gap creatosi in questi giorni. Landa ritrova Caruso per la strada, ma il suo vantaggio non supera mai i venti secondi, e con i Jumbo-Visma in agguato non è un margine degno di nota. Van Aert ricuce insieme a Dumoulin, poi entrambi alzano bandiera bianca quando dal plotoncino parte Mas, prontamente rintuzzato da Kuss. La sfuriata costa cara a Landa, a sua volta ripreso, e sullo sterrato che segue chi rischia di pagare è Porte, fermato da una foratura. Nel frattempo, si perdono le notizie di Yates e Uran, precipitati in basso ma non quanto Quintana, alle prese con il proprio inferno personale. Mentre Carapaz e Kwiatkowski volano verso il traguardo, godendosi l’ultimo chilometro come due turisti rapiti dal paesaggio, in un abbraccio bellissimo e sincero, Landa impreca contro l’uomo sbagliato: lo spagnolo si infuria vedendo che Roglic, Pogacar e Lopez non lo aiutano a creare ulteriore divario nei confronti di Porte, scivolato a una quarantina di secondi di distanza. Sarà un caso, ma in quegli istanti il buon Richie trova l’alleanza inattesa di Dumoulin e van Aert, scudieri di Roglic, che lo riportano sul gruppo maglia gialla. Proprio van Aert si concede il lusso dello sprint per il terzo posto, togliendo ogni dubbio sul potenziale abbuono per il gradino più basso del podio. Sfumature di un dominio che fin qui nessuno ha saputo mettere in discussione.Ordine d’arrivo1. Michal Kwiatkowski (Ineos) 4h47’33″2. Richard Carapaz (Ineos) s.t.3. Wout van Aert (Jumbo-Visma) +1’51″4. Primoz Roglic (Jumbo-Visma) +1’53″5. Tadej Pogacar (Team UAE) +1’53″6. Richie Porte (Trek-Segafredo) +1’54″7. Enric Mas (Movistar) +1’54″8. Mikel Landa (Bahrain-McLaren) +1’54″9. Damiano Caruso (Bahrain-McLaren) +1’54″10. Tom Dumoulin (Jumbo-Visma) +1’54″Classifica generale1. Primoz Roglic (Jumbo-Visma) 79h45’30″2. Tadej Pogacar (Team UAE) +57″3. Miguel Angel Lopez (Astana) +1’27″4. Richie Porte (Trek-Segafredo) +3’06″5. Mikel Landa (Bahrain-McLaren) +3’28″6. Enric Mas (Movistar) +4’19″7. Adam Yates (Mitchelton-Scott) +5’55″8. Rigoberto Uran (EF Pro Cycling) +6’05″9. Tom Dumoulin (Jumbo-Visma) +7’24″10. Alejandro Valverde (Movistar) +12’12” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: a Lopez la tappa regina. Roglic stacca Pogacar e resta in giallo

    Vedendo Egan Bernal arrivare come un cicloturista a Villard-De-Lans, la poetica andava su una romantica e orgogliosa fuga del riscatto sulla salita più dura. La realtà è altra cosa però, visto che il Tour del vincitore del campione uscente finirà sul divano di casa. ‘Abandon’, e allora ci pensa Miguel Angel Lopez a salvare l’onore della Colombia: vince la tappa regina e diventa il terzo uomo del Tour, distanziando gli altri aspiranti al podio. Se lui è il terzo, gli altri due sono i soliti sloveni, ma cambia -sia pur leggermente – il rapporto di forze. Il passo fatto di Roglic verso il trionfo di Parigi potrebbe essere quello decisivo. Giunge secondo, ma soprattutto stacca Tadej Pogacar: poca roba, ma sommati a quelli che già esistevano, fanno 57 secondi in classifica. Tradotto: se Roglic e la Jumbo non commettono errori (e oggi qualcuno ce n’è stato), sarà difficile che la gialla cambi padrone. “Sono davvero emozionato, ho sognato questa vittoria e me la sono presa”, spiega il vincitore. “Dedico il successo alla mia famiglia”. Ad applaudirlo anche il presidente francese Macron: è arrivato in cima al Col de la Loze ospite dell’ammiraglia di Christian Prudhomme, il direttore del Tour appena rientrato dala quarantena dopo la positività al Covid. Lo stesso Prudhomme ha definito il Loze un ‘’prototipo di salita del ventunesimo secolo’’. Sarà anche così, ma in quei 21 chilometri e mezzo di pendenze cattive e altitudine proibitiva (2304 metri), c’è tanto Dna di ciclismo antico. Il Tour lo affronta per la prima volta, con un mezzo precedente nel 1973 (la corsa non arrivò in vetta) con la vittoria di un Bernard Thévenet che studiava per diventare maglia gialla.Si parte da Grenoble: sede tra le più storiche, nel 1919 lì fu indossata la prima maglia gialla. L’antipasto al finale è il Col de la Madeleine (17,1 chilometri all’8,4% di pendenza media). Davanti c’è un quartetto di qualità: Alaphilippe, Carapaz (che transita primo sul GPM), Gorka Izagirre e Daniel Martin. In discesa prende piede Alaf, sul Loze resta solo Carapaz, che onora il numero rosso della tappa precedente. Ma non è giornata da fughe comunque, perché il consueto lavoro in stile Sky-Froome della Jumbo lo fa Bahrain-McLaren di Damiano Caruso e soprattutto di Mikel Landa. Lo spagnolo vuole vincere la tappa, vuole essere lui il terzo uomo. Ritmo ossessivo, al punto che a Roglic restano solo Kuss e Dumoulin. Il problema è che a Landa non resta neanche se stesso. Cede e guadagna il titolo di grande sconfitto di giornata. Inesorabilmente cedono un po’ tutti –Porte, Adam Yates, Mas ecc.-, ma l’altitudine annebbia anche le idee anche a Roglic. Lo scatto dello scudiero più fido, Kuss, che porta in avanscoperta Lopez, non ha molto senso. Una situazione recuperata quando lo statunitense si ferma e dà manforte al capitano, che intanto ha allungato su Pogacar. Gli ultimi km sono una battaglia per la sopravvivenza: ognun per sé e Dio per tutti, il Tour prende una nuova piega, e stavolta potrebbe essere definitiva.ORDINE D’ARRIVO1. Miguel Angel Lopez       (Col, Astana)        a   4h49’08″2. Primoz Roglic            (Slo, Jumbo-Visma)   a      0’15″3. Tadej Pogacar            (Slo, Uae-Emirates)  a      0’30″4. Sepp Kuss                (Usa)                a      0’56″5. Richie Porte             (Aus)                a      1’01″6. Enric Mas                (Esp)                a      1’12″7. Mikel Landa              (Esp)                a      1’20″8. Adam Yates               (Gbr)                        s.t.9. Rigoberto Uran           (Col)                a      1’59″10. Tom Dumoulin             (Ned)                a      2’13″CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic         (Slo, Jumbo-Visma)      in 74h56’04″2. Tadej Pogacar         (Slo, Uae-Emirates)      a     0’57″3. Miguel Angel Lopez    (Col, Astana)            a     1’26″4. Richie Porte          (Aus)                    a     3’05″5. Adam Yates            (Gbr)                    a     3’14″6. Rigoberto Uran        (Col)                    a     3’24″7. Mikel Landa           (Esp)                    a     3’27″8. Enric Mas             (Esp)                    a     4’18″9. Tom Dumoulin          (Ned)                    a     7’23″10. Alejandro Valverde    (Esp)                    a     9’31” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: si ritira Bernal, aveva vinto un anno fa

    E alla fine Egan Bernal si arrende: ritiro per il campione uscente del Tour alla vigilia della tappa regina, la 17esima, l’unica con due colli sopra i 2000 metri. “Ha molti Tour davanti, è la decisione più saggia” spiega Dave Brailsford, team manager della Ineos. Una decisione del team, traspare dal comunicato. Bernal, 16esimo in classifica generale a oltre 19′ dal leader Roglic, aveva perso oltre 7 minuti sul Grand Colombier e poi, ieri, era arrivato nel gruppo dei velocisti, spiegando di avere “male alla schiena e al ginocchio”. Una caduta al Delfinato, a metà agosto, all’origine di questa clamorosa debacle del colombiano e della intera Ineos, l’ex Sky, che dal 2012 aveva sempre vinto il Tour, a eccezione solo del 2014.Intervistato alla Tirreno-Adriatico, dove ha chiuso al secondo posto della generale, Geraint Thomas ha detto: “Non avrei accettato di fare il gregario al Tour”. Una frase che manifesta l’inquietudine nel cuore del team, un’incrinatura mai avvertita negli anni del dominio Sky. Thomas farà il Giro, Froome la Vuelta. Poi il kenyano bianco passerà alla Israel Start-Up Nation. Un addio storico dopo mesi di lutti (la morte del ds Nico Portal), di sfortune e di incomprensioni. Sembra davvero la fine di un mondo.Ciclismo LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: fuga vincente di Kamna, Roglic controlla e mantiene la gialla

    Lennard Kamna è un ragazzo di 24 anni con la faccia di uno di 18 e saggezza di un altro di 40. Ragiona, fa tesoro delle esperienze. Sul Puy Mary aveva accettato il corpo a corpo in salita con Daniel Martinez, illudendosi ma finendo sbranato. Stavolta non ha rischiato quando si è trovato in compagnia di Richard Carapaz: vicino allo scollinamento al Montée de Saint Nizier-du-Moucherotte (lunga come il nome, 11 km), il tedesco piazza la fucilata. Sa che se scollina in testa potrà far valere la sua abilità di passista sia in discesa che in pianura. Gli riesce, fa il vuoto, poi nella salita verso Villard-de-Lans basta sapersi amministrare. Vince Kamna, e finisce un incubo per la Bora, la squadra che aveva lavorato di più (soprattutto per Sagan) e raccolto di meno. Lo stesso Kamna ci aveva provato anche a Lione, ora al terzo tentativo fa centro. “Una lotta dall’inizio per ottenere un posto in fuga e poi è stata anche molto dura. Sapevo che dovevo riuscire a finire da solo per avere la possibilità di vincere. In finale ho visto che Carapaz stava rallentando leggermente e ho attaccato in quel momento – commenta-. È un grande sollievo per la squadra e per me. Non riuscivo quasi a immaginarlo”. La fuga che arriva è il tema principale di giornata. L’attenzione è quello secondario. Serve quella agli abitanti dei piani alti per evitare problemi. Il copione è lo stesso: la Jumbo di Roglic che controlla, Pogacar e gli altri che – per ora- non osano.  Dei piani alti non fa più parte Egan Bernal: la crisi del Grand Colombier sembra avergli spento la voglia di soffrire, e quando la strada sale il suo perdere terreno è un quadro impietoso. Nessuna smorfia drammatica comunque, solo un sorriso verso l’ammiraglia che sa di consapevolezza mentre sale con il passo dei velocisti. Sensazione: proverà ad andare in fuga nella durissima tappa di mercoledì a Meribel per un parzialissimo ma orgoglioso riscatto.  Villard-de-Lans ospita per la settima volta un arrivo del Tour. Ravvicinati i più emozionanti: nel 1988 fu gloria, con il tifatissimo (e molto discusso in quella edizione) Pedro Delgado che vinse la cronoscalata sigillando il suo Tour. L’anno successivo fu illusione: Laurent Fignon staccò Greg Lemond in un giorno in cui poco lasciava presagire che il sabato seguente l’americano si sarebbe preso la gialla per pochi secondi nella drammatica crono di Parigi. Il cambio delle prospettive, questo dice la fuga di giornata. C’è Alaphilippe, uno che a parte le reali condizioni di forma, era nel ventaglio degli ambiziosi. C’è Richard Carapaz (insieme al compagno di squadra Sivakov, vincitore del premio del più sfortunato): l’ecuadoriano era/è il numero2 della Ineos prima di essere trascinato nella sabbie mobili della classifica da capitan Bernal. Si aggrappa alla liana per non sprofondarci anche quel che resta della truppa italiana. In fuga ci sono Oss, Bettiol, Trentin, quest’ultimo particolarmente abile a fare legna per la classifica a punti. E se lui raccoglie punti per la verde, Pierre Rolland si va a prendere quella a pois di miglior scalatore. Una cosa in famiglia, la toglie a Cosnefroy che con furbizia se l’era accaparrata cercando punti attaccando anche sui pianerottoli del condominio.  Sulla penultima salita scatena l’infermo Caparaz: un paio di accelerazioni brutali, anche troppo. Costano care ai compagni di azione Alaphilippe e Reichenbach, poi in vista del GPM, costano care pure a lui stesso: il ‘saggio’ Kamna saluta e se ne va.ORDINE D’ARRIVO1. Lennard Kamna         (Ger, Bora-Hansgrohe)     in 4h12’52″2. Richard Carapaz       (Ecu, Ineos-Grenadiers)    a    1’27″3. Sebastien Reichenbach (Sui, Groupama-FDJ)        a    1’56″4. Pavel Sivakov         (Rus)                      a    2’34″5. Simon Geschke         (Ger)                      a    2’35″6. Warren Barguil        (Fra)                      a    2’37″7. Tiesj Benoot          (Bel)                      a    2’41″8. Nicolas Roche         (Irl)                      a    2’47″9. Quentin Pacher        (Fra)                      a    2’51″10. Julian Alaphilippe    (Fra)                      a    2’54″20. Miguel Angel Lopez    (Col)                      a   16’48″21. Tadej Pogacar         (Slo)                            s.t.22. Primoz Roglic         (Slo)                            s.t.26. Adam Yates            (Gbr)                            s.t.27. Rigoberto Uran        (Col)                            s.t.30. Tom Dumoulin          (Ned)                      a   16’55″36. Nairo Quintana        (Col)                      a   17’23″127. Egan Bernal           (Col)                      a   27’27″CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic         (Slo, Jumbo-Visma)       in 70h06’47″2. Tadej Pogacar         (Slo, Uae Team Emirates)  a     0’40″3. Rigoberto Uran        (Col, Ef Pro Cycling)     a     1’34″4. Miguel Angel Lopez    (Col)                     a     1’45″5. Adam Yates            (Gbr)                     a     2’03″6. Richie Porte          (Aus)                     a     2’13″7. Mikel Landa           (Esp)                     a     2’16″8. Enric Mas             (Esp)                     a     3’15″9. Tom Dumoulin          (Ned)                     a     5’19″10. Nairo Quintana        (Col)                     a     5’43″12. Alejandro Valverde    (Esp)                     a     6’52″14. Richard Carapaz       (Ecu)                     a    17’23″16. Egan Bernal           (Col)                     a    19’04” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France; Rogla e Pogi, amici-nemici: è la settimana della verità

    C’è il Tour degli sloveni e poi il Tour degli altri. Finora Roglic e Pogacar, primo e secondo della generale, hanno disposto a piacimento degli arrivi in salita e delle tappe dure. A Orcières-Merlette primo il capitano della Jumbo, 2° il giovane della UAE. A Loudenvielle, il giorno dopo la tappa dei ventagli, Pogacar ha inflitto 40″ a Roglic, scalando a tempo di record il Peyresourde. A Laruns vittoria di Pogacar su Roglic. Sul Puy Mary Roglic e Pogacar a braccetto, gli altri distanti. Sul Grand Colombier Pogacar su Roglic con minimo ma significativo vantaggio sul resto della compagnia, e Bernal, il principale guastafeste del party sloveno, eliminato definitivamente. Ha ragione ora Roglic, nell’ultimo giorno di riposo e alla vigilia della tappa di Villard-de-Lans a dire che “il Tour lo vincerà sicuramene uno sloveno”, e non c’è dubbio che, con i 40″ di vantaggio su Pogacar, sia lui il più indiziato del non impossibile gioco dell’indovina chi. Ma Pogi non ci sta, almeno a parole: “Non avrei mai immaginato a Nizza di essere al punto dove sono ora, ma alla maglia gialla ci penso, eccome se ci penso”. Al tempo stesso, il ragazzo teme le crisi da terza settimana: “Facilissimo, abbiamo visto corridori crollare, ed è possibile andare incontro a una giornataccia, e sulle salite che mancano fioccherebbero i minuti”. Roglic ha gli stessi timori, ma anche una squadra capace di accudirlo alla perfezione: “Mi piacerebbe vincere anche per loro, lo meritiamo tutti”.La differenza principale tra Rogla e Tamau è proprio la compattezza di squadra, granitica la Jumbo, praticamente inesistente in salita la UAE. Ma Pogacar sembra non soffrirne. E sembra in grado, lui da solo, se lo volesse, di mandare in crisi l’armata giallo-nera. Come? Di certo senza azioni scriteriate: la Jumbo lo cucinerebbe a fuoco lento se partisse lontano dal traguardo. L’obiettivo di isolare Roglic pare un’utopia. E allora, che fare? Cercare di erodere secondo su secondo negli arrivi duri (la Loze è però l’unico al termine di una salita lunga) e di giocarsi tutto nella cronoscalata della Planche des Belles Filles. Roglic è più forte a cronometro, sulla carta. Nell’unica crono di un grande giro corsa da entrambi, la Jurançon-Pau della Vuelta 2019, Roglic ha inflitto 1’29” al connazionale. Ma era una prova quasi completamente pianeggiante. Invece la Planche premierà davvero lo scalatore più forte. 40″ sembrano tanti da recuperare, ma se lo svantaggio scendesse intorno ai 20″, la crono del penultimo giorno diventerebbe uno scontro totale. Da non dimenticare che nella cronometro del campionato nazionale sloveno, lo scorso 28 giugno, una cronoscalata verso Pokljuka, Pogacar ha infilitto 9″ a Roglic in 15.5 km. La Planche è divisa in due parti: salita lentissima ma costante per i primi 30 km, impennata negli ultimi 6, con tratti al 20% e una media dell’8.5. In ogni caso, se i due amici dovessero decidere di farsi davvero la guerra, assisteremmo a un’ultima settimana davvero spettacolare. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: super Ganna nella crono, a Simon Yates la classifica finale

    SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La 55esima edizione della Tirreno-Adriatico se la aggiudica il britannico Simon Yates del team Mitchelton-Scott. Il podio finale della Corsa dei Due Mari viene completato dal suo connazionale Geraint Thomas del Team Ineos e dal polacco Rafal Majka della Bora-Hansgrohe. Questi i verdetti finali dopo l’ultimo impegno, la cronometro di 10,1 km di San Benedetto del Tronto vinta dal 24enne Filippo Ganna del Team Ineos, davanti al belga Victor Campenaerts (NTT Pro Cycling) staccato di 18″ e all’australiano Rohan Dennis (Team Ineos) con 26″ di ritardo.Super Ganna a San BenedettoFilippo Ganna, nel 2019 campione nazionale a cronometro e medaglia di bronzo mondiale di specialità, ha ‘polverizzato’ i concorrenti nella crono di San Benedetto. Il verbanese, che ha chiuso con una media di 56,6 km/h, ha cominciato ad assaporare la vittoria quando al traguardo sono arrivati i rivali più temibili, come Campenaerts, l’iridato suo compagno di squadra Dennis (lasciato a 26″), e l’olandese Jos Van Emden. Una grande soddisfazione per il ciclismo italiano e per la Ineos, che invece non riesce a portare a casa la vittoria nella classifica generale perché Geraint Thomas recupera ‘solo’ 22 secondi sul leader Simon Yates della Mitchelton-Scott. Il gallese si deve accontentare di superare in classifica generale Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) che chiude al terzo posto finale. Yates si porta quindi a casa la maglia azzurra del vincitore, mentre la maglia arancione (classifica a punti) va Pascal Ackermann della Bora-Hansgrohe, vincitore delle prime due tappe in volata; maglia verde (classifica scalatori) a Hector Carretero della Movistar, visto più volte in fuga; la maglia bianca (miglior giovane) se la aggiudica Aleksandr Vlasov della Astana, quinto in classifica generale avendo perso una posizione da un ottimo Wilco Kelderman della Sunweb. Capitolo italiani. Due hanno chiuso nella top ten: Fausto Masnada (Deceuninck QuickStep) al sesto posto, avendo perso anche lui una posizione da Kelderman oggi, e Gianluca Brambilla (Trek Segafredo) che chiude al nono posto.Yates: “Ho dato tutto, fantastico vincere questa corsa””Sono felicissimo per questa vittoria – ha dichiarato il vincitore finale Yates -. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per tutta la settimana. Oggi non ero il favorito quindi questo risultato è ancora più importante per me. Sono andato a tutta e veramente ho dato il massimo in ogni tappa. È fantastico aver vinto questa corsa”. “Sono molto felice della mia performance anche perché ho riportato l’Italia a vincere una tappa alla Tirreno-Adriatico – ha invece detto Filippo Ganna -. Mi dispiace per Thomas che ha chiuso secondo nella generale, speriamo che riesca a fare qualcosa in più al Giro d’Italia”. LEGGI TUTTO

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    I 1000 della Juventus e la guerra dei club per riaprire gli stadi

    La Juventus vorrebbe tanto fare da apripista: ha chiesto la possibilità di ospitare 1000 tifosi, in uno stadio che ne contiene 41.000, per domenica prossima quando esordirà in casa contro la Sampdoria in campionato. Andrea Agnelli non lo ha fatto per questioni economiche: la Juventus ogni gara casalinga incassa dai 2,5 milioni a quasi cinque. Con mille spettatori non farebbe certo un grosso incasso: ma è una richiesta simbolica per venire incontro ai suoi tifosi, pure in una minima parte, ma anche alle esigenze degli sponsor. I tifosi sarebbero sparpagliati negli stadio senza possibilità di entrare in contatto fra loro. La Juve, che aveva già studiato il problema in giugno, si era accordata con la Regione Piemonte, via libera dal Governatore Cio per 8.000 tifosi a partita. Poi è arrivato il dpcm del governo che stoppa tutto sino al 7 ottobre, quindi zero spettatori per le prime tre giornate di campionato (vedi Spy Calcio del 9 settembre). Molto probabile, quasi certo forse, che alla Juve vengano negati anche i 1.000 simbolici. Bisognerà aspettare il prossimo dpcm, in arrivo dopo il 7 ottobre, bisognerà aspettare per vedere se e quando la curva dei contagi risalirà dopo l’apertura delle scuole. Il Cts è fortemente contrario a riaprire gli stadi, ritiene non solo che le scuole siano una priorità ma che sia impossibile controllare negli stadi i flussi di entrata-uscita e il distanziamento in tribuna. Non basta il fatto che tutti avrebbero le mascherine (che controlla poi se le tengono?) . Se ne riparla quindi verso il 10 ottobre: i club si augurano in una riapertura, seppur parziale, per il quarto turno di campionato, 13 e 14 ottobre quando è previsto il derby di Milano. La Lega di serie A sperava di avere qualche spettatore addirittura nelle ultime due giornate della passata stagione (luglio-agosto), ora ha presentato un piano dettagliato, stadio per stadio, per avere il via libera almeno al 30-40 per cento della capienza. I presidenti sono sul piede di guerra: Aurelio De Laurentiis ha minacciato di denunciare il Cts, ma certo il suo comportamento in occasione della scorsa assemblea di Lega non giova a livello di immagine.Ma ci sono anche altri presidenti che sostengono: “Qualcuno dovrà pure pagare il conto prima o poi… Il Parma ha avuto 1.000 spettatori per un’amichevole, ma non ne può avere 1.000 nello stesso stadio per il campionato, è assurdo”. Ma per il governo, almeno per ora, si può aprire per un singolo evento ma non per una manifestazione continuativa come appunto è il campionato. Certo, se a metà ottobre le cose non cambiassero, allora ci potrebbe essere la rivolta dei club. Anche la Federazione con il suo presidente Gabriele Gravina segue questa situazione con estrema attenzione. “A Mugello c’era un pubblico accettabile, così come a Misano e come ci sarà a Imola per i Mondiali di ciclismo. Per gli stadi invece non si è trovata una soluzione tra le istanze legittime e doverose da parte del mondo del calcio e le istituzioni: il nodo ruota attorno alle indicazioni del Cts”. Sono le parole del presidente del Coni, Giovanni Malagò stamani a Radio Anch’io Sport. “Nel giro di qualche settimana si pensa di poter ottenere qualcosa, ma è difficile fare marketing e sinergia commerciale”. I danni derivanti dalla pandemia del Covid-19 saranno ingenti, a tutti i livelli, dalla serie A alla serie C (disperato Francesco Ghirelli). “L’eventuale danno economico dei club di vertice per questa vicenda del Covid è stato stimato, secondo quanto detto da Andrea Agnelli, in 4 miliardi di euro (in Europa, ndr). A cascata, però, si finisce all’associazionismo sportivo, che è la colonna vertebrale del nostro mondo. Se non c’è il mecenate di turno o viene meno la filiera sportiva, il ‘salta il bancò vale per le società più grandi e piccole. Nel breve termine ci sarà un ridimensionamento anche nel valore di qualche cartellino e ingaggio. Lo ritengo indispensabile”, ha concluso il numero uno del Coni. Malagò: “Una vergogna vietare le palestre scolastiche alle associazioni sportive””E’ una vergogna che molte associazioni sportive non possano usare le palestre scolastiche. Sono state requisite, hanno messo in competizione l’istruzione con lo sport. Noi ci sentiamo offesi per essere messi in secondo piano”. Lo ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò a Radio il giorno dell’apertura dell’anno scolastico. Malagò, accompagnato dal ct azzurro Roberto Mancini, oggi sarà a Vo Euganeo su invito del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la cerimonia inaugurale del nuovo anno scolastico. “Il Coni non ha i mezzi per fare una impiantistica accettabile come meriterebbe il Paese. Ci stiamo battendo per questo”. In molte Regioni ci sono associazioni sportive, dal volley alla pallamano, in grande difficoltà, non sanno come riprendere la stagione. Molte famiglie non manderanno più i loro figli a fare sport. Molea riconfermato alla guida dell’AicsGiochi amatoriali internazionali del 2021 avranno luogo a giugno in Italia, sulla riviera adriatica. Ad annunciarlo è stato Bruno Molea, appena riconfermato alla presidenza dell’Associazione italiana cultura sport, tra i primi enti di promozione sportiva del Paese. ”Con i dovuti protocolli di sicurezza, AiCS è riuscita a riprendere l’attività sportiva amatoriale: abbiamo dimostrato che con attenzione e determinazione, la ripresa è possibile. Per questo, ci siamo messi al fianco della Regione Emilia Romagna per riportare qui i World sport games della Confederazione internazionale dello sport amatoriale e a giugno i Giochi torneranno in Italia, con oltre 5mila atleti attesi da tutto il mondo. Ripartire, si può”, ha commentato Molea, forlivese, 65 anni, consigliere Coni e membro di Giunta del Comitato italiano paralimpico, oltre che presidente della Confederazione mondiale dello sport amatoriale.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Pogacar vince sul Gran Colombier, Roglic sempre più leader. Bernal alla deriva

    Trentaquattro giorni fa, non dieci anni, al Tour de l’Ain: Roglic primo sul Gran Colombier, Bernal a quattro secondi, Quintana a sei. Scontato etichettare quell’ordine d’arrivo come un preludio di quello che sarebbe successo al Tour. E invece…  Il Massiccio del Giura con la sua imponenza si erge a primo giudice. Roglic per ora blinda la maglia gialla: forte lui, fortissima la squadra, che replica le dinamiche dei controversi postini di Armstrong o del Team Sky di Chris Froome. Un lavoro estenuante, costante, a tratti violento, in attesa che il leader faccia razzia. Egan Bernal va alla deriva: quando mancano 13 km si spegne la luce, un blackout ben più vistoso della breve interruzione di energia del Puy Mary. Perde oltre sette minuti, processi in vista nel team Ineos dopo la scelta di puntare sul colombiano nonostante la presenza in rosa dello stesso Froome e di Thomas. A proposito di colombiani, male anche Nairo Quintana, che di minuti ne perde 4. E allora Tour finito? Neanche per sogno, perché sul Grand Colombier si conferma la splendida, folle giovinezza di Tadej Pogacar. Aveva già vinto, si ripete e rosicchia 4’’ di abbuono alla maglia gialla. Può insidiarlo? Solo se Roglic accusasse una giornataccia. Caso contrario, portare un attacco contro una squadra che ha 5 fenomeni che scandiscono il ritmo è un problema serissimo. Il discorso comunque sembra tra loro due: Uran, Miguel Angel Lopez, Simon Yates, Richie Porte, Mikel Landa. Tosti, regolari, ma al momento non pronosticabili oltre il buon piazzamento.  La sofferenza di Egan BernalCondividi   LEGGI TUTTO