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    Josh Giddey, l’Nba indaga su una presunta relazione con minore

    WASHINGTON (Stati Uniti) – Josh Giddey potrebbe finire nei guai. La Nba ha aperto un’indagine su una presunta relazione della 21enne guardia di Oklahoma City con una minorenne, dopo la pubblicazione di alcuni post. “Stiamo verificando se Giddey ha avuto un comportamento inappropriato con una minorenne, come emerso dai social media”, ha dichiarato il portavoce della Lega, Mike Bass.
    Giddey giocatore chiave 
    Giddey, australiano, selezionato dai Thunder nel 2021, è diventato uno dei giocatori chiave della squadra, ora al secondo posto nella Western Conference. LEGGI TUTTO

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    Olimpia Milano, colpo contro la Stella Rossa: 32 punti per Maodo Lo

    BELGRADO (Serbia) – Continua il momento sì dell’Olimpia Milano di Ettore Messina che per la prima volta in questa stagione riesce a centrare tre vittorie di fila. Il terzo punto esclamativo, arrivato dopo i colpi contro Efes e Venezia, viene centrato a Belgrado, dove l’Olimpia Olimpia ha superato per 93-71 la Stella Rossa nella decima giornata di Eurolega.
    Olimpia Milano, super Maodo Lo 
    Decisivo un Maodo Lo da 32 punti (score massimo in carriera), 19 i punti di Shields, in doppia cifra anche Melli, che ha toccato 11 punti. Arriva così il quarto successo stagionale in Europa per l’Olimpia Milano, che risale la classifica e guarda con maggior fiducia ai prossimi impegni ufficiali: domenica arriva Pistoia, giovedì prossimo invece c’è la sfida al Forum contro lo Zalgiris. “Sono molto contento per la prova della squadra e della mia prestazione, nella ripresa abbiamo allungato nel punteggio giocando molto bene in ogni fase”, ha detto Maodo Lo a fine gara.    LEGGI TUTTO

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    Menetti esclusivo: “Tornato in Israele, in casa ho una camera blindata”

    Menetti e la firma con l’Hapoel Eilat
    «Io stavo vivendo una situazione che avevo fortemente voluto firmando per l’Hapoel Eilat. Avevamo costruito una squadra molto interessante con giocatori visti anche in Italia come Tyrus McGeee, TJ Cleine ed Elijah Stewart, in una città stupenda come Eilat: mare, turismo, sole. Poi quel sabato… Arrivando in palestra, i miei assistenti mi hanno raccontato quello che era accaduto: “Una cosa gravissima”. Hanno capito immediatamente la gravità di ciò che era accaduto. Da quel momento è cambiato il mondo».
    La fuga degli americani
    «Gli americani, tutti, sono immediatamente tornati negli Usa dopo due giorni, mentre Hamas stava colpendo in maniera durissima. Io sono rientrato in Italia dopo una settimana passando dalla Giordania con qualche peripezia, visto che proprio in quelle ore stavano iniziando a cancellare tutti i voli. A Reggio sono rimasto un buon mese. Poi la lega israeliana ha deciso di riprendere il campionato (tra circa una settimana, ndr), forse con un po’ di fretta. La conseguenza è stata che la maggior parte degli americani ha voluto restare negli Usa».
    Menetti e il perché del ritorno a Eilat
    «Dieci giorni fa avevo deciso di tornare in Israele. Perché? Non tanto per una questione economica, quanto per rispetto verso il club e il mio general manager Nikola Loncar (da giocatore ex Varese, Montecatini e Milano, ndr): mi avevano telefonato ed erano in un momento di grande difficoltà. Credo di essere un po’ diverso rispetto ad altri: nel bene e nel male voglio sempre mettere delle basi umane e personali nel lavoro al di là del “business”. Ero appena salito sul treno per andare all’aeroporto di Bologna e poi ad Eilat, quando mi ha chiamato mia moglie: “C’è stata un’esplosione ad Eilat. Un drone, forse partito dalla Siria, ha colpito una scuola!”. Arrivato alla stazione bolognese, ho girato i tacchi e sono tornato a casa. Non è stato un momento facile, soprattutto per la mia famiglia. L’Hapoel poi mi ha telefonato di nuovo chiedendomi di tornare. Mia moglie mi è stata vicina e mi conosce, alla fine ha appoggiato e condiviso la mia decisione, anche perché la situazione a Eilat adesso sembra tranquilla».
    Il viaggio dall’Italia a Israele
    «Martedì sono partito da Roma e sono arrivato in Giordania, ad Amman; da lì ad Aqaba, dove ho attraversato a piedi il confine israeliano entrando ad Eilat: sono due città praticamente attaccate. In totale circa 7 ore di viaggio».
    La vita di Menetti in Israele
    «La vita sembra che vada avanti normalmente qui. Questo è un popolo nato e vissuto in situazioni difficili. Loro dicono di sentirsi sicuri, ma per gli Europei la sensazione è molto differente. Per farvi capire, ogni appartamento, dal più grande al più piccolo, ha obbligatoriamente la sua camera blindata. Io vivo in una bella casa, e la seconda camera è appunto uno “shelter”. Questo per dire che per gli israeliani tutto ciò è normale. Inutile discutere sul tema sicurezza, su ciò che è sicuro per noi e per gli israeliani: non ci si capirà mai. Per cui io ho detto: basta, non parliamone più».
    La città di Eilat
    «Eilat è un po’ la Forte dei Marmi di Israele, una cittadina di mare. A parte un alone di tensione, la vita qui è normale, nonostante tutto. Le scuole e i ristoranti sono aperti, c’è il solito traffico. Dall’inizio del conflitto ci sono stati “solo” tre allarmi. Qual è la mia preoccupazione ora? È quella di ricostruire, per il campionato che scatta tra una settimana, una squadra che praticamente non c’è più, visto che gli americani non torneranno. Ma il presidente è stato chiaro con me: non vuole lasciare nulla di intentato. E neppure io». LEGGI TUTTO

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    Incredibile Popovich, ammonisce i tifosi a gara in corso: “Abbiate classe”

    Popovich difende Leonard
    Nei Clippers gioca Kawhi Leonard, ex Spurs che nel 2018 forzò la compagine neroargento a scambiarlo finendo poi a Toronto e vincendo il titolo, i tifosi di San Antonio non lo hanno mai perdonato fischiandolo ad ogni suo ritorno e Popovich si è stufato. Con Leonard in lunetta i tifosi si stavano preparando all’ennesimo “boooo” ma l’allenatore ha preso il microfono e con tono deciso ha detto: “Scusatemi un secondo: possiamo smettere di fischiare e lasciamo giocare questi ragazzi? Abbiate un po’ di classe. Noi non siamo questi. Smettere di fischiare”. Dopo un silenzio iniziale, però, il pubblico ha ricominciato a bersagliare l’ex che a fine partita ha dichiarato: “A meno che torni a vestire la mgalia degli Spurs verrò sempre contestato quando tornerò”. LEGGI TUTTO

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    Integrity Education Workshop per la Vanoli Basket Cremona

    Si è svolto questo pomeriggio al PalaRadi il workshop con i giocatori della Vanoli Basket Cremona promosso dalla Lega Basket Serie A in collaborazione con Sportradar AG, agenzia leader mondiale nell’ambito del monitoraggio dei mercati internazionali delle scommesse per la prevenzione ed il contrasto al match-fixing.

    L’avv. Marcello Presilla, responsabile Integrity per l’Italia di Sportradar AG, ha presentato a giocatori, staff tecnico e dirigenza della prima squadra maschile, l’Integrity Education Workshop, patrocinato dalla LBA e dedicato a tutti i club. Numerosi i temi dedicati dal contrasto del fenomeno del match fixing al rafforzamento dei meccanismi per proteggere l’integrità dello sport, attraverso il pieno e diretto coinvolgimento dei propri tesserati. Educare, formare e prevenire sono le basi per conoscere e saper analizzare tutti gli aspetti collegati ad un mondo come quello delle scommesse sportive che ha avuto in questi anni una grande crescita ed è fondamentale per una sua corretta gestione e per evitare i rischi connessi al suo utilizzo. LEGGI TUTTO

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    Debora Gonzalez è il simbolo dell’ambiziosa Matelica

    A pochi giorni dalla settima giornata di campionato, la Halley Thunder Matelica continua a sognare in grande, forte delle quattro vittorie consecutive che stanno permettendo loro di occupare la quarta posizione in classifica con una gara da recuperare. Nell’ultimo turno infatti non si è disputato lo scontro al vertice contro la W.APU Delser Crich Udine – rimandato al 6 dicembre – ma il record di quattro vittorie e una sola sconfitta mostra come la compagine marchigiana sia ben più di semplice comparsa. Non solo l’attacco più prolifico della Serie A2 (dopo cinque partite) con 76.2 punti a partita, ma è anche la squadra che cattura più rimbalzi con 45.0 di media e anche quella che fa registrare la valutazione complessiva più alta con 88.8; tuttavia questi sono solo numeri grezzi rispetto a quanto di buono coach Domenico Sorgentone e le sue ragazze hanno fatto vedere in questi primi quaranta giorni. La Halley Thunder ha ambizioni differenti rispetto alle due passate stagioni, sviluppate attraverso un processo graduale in cui la fretta non è certamente alla base delle idee del Presidente Euro Gatti e ha un minimo comune denominatore che risponde al nome di Débora Gonzàlez. La playmaker italo/argentina – originaria di Lomas de Zamora, ma di formazione cestistica italiana – sta consolidando il suo status di giocatrice simbolo di Matelica: miglior realizzatrice della serie cadetta con 22.4 punti a partita,  seconda per assist distribuiti con 5.2, terza per recuperi con 3.2 e al primo posto per valutazione media con 25.2, un’autentica trascinatrice. È proprio la classe 1990 a raccontarci le sue impressioni riguardo l’inizio di stagione, lasciandoci inoltre qualche aneddoto su ciò che ha reso “Pepo” questo tipo di giocatrice.
    Miglior realizzatrice del campionato di Serie A2 e la Halley Thunder Matelica in striscia positiva da quattro partite. Che tipo di aria si respira e quali sensazioni hai in questo momento?Siamo cresciute molto di settimana in settimana, soprattutto dopo la sconfitta contro una squadra forte e attrezzata come la Ecodem Alpo; successivamente abbiamo tirato su la testa, consapevoli dei nostri mezzi a disposizione e abbiamo ottenuto quattro vittorie consecutive. Se sono la miglior realizzatrice del campionato il merito va alle mie compagne che fanno davvero tanto in campo e si fidano di me, perciò io non potrei essere più felice del gruppo e dei risultati che stiamo ottenendo.
    Oltre ad essere una scorer di alto livello primeggi anche in altre statistiche come assist, palle rubate, valutazione e sei costantemente presente a rimbalzo. Possiamo dire quindi che Débora Gonzàlez è molto più di una giocatrice che “sa fare canestro”?Certamente, ma penso principalmente sia grazie all’esperienza acquisita in tutti questi anni: in A2 ci sono tantissime giocatrici giovani e a volte mi basta leggere uno sguardo per sapere dove andrà la palla così da essere sempre un secondo avanti a loro; per quanto riguarda i passaggi decisivi alle compagne, anche qui la carta dell’esperienza gioca un fattore importante, oltre però all’intesa formidabile che abbiamo tutte insieme.
    Il presidente è entusiasta dell’ambiente e della squadra, così come dei risultati ottenuti perciò le ambizioni si fanno sempre più grandi col tempo che passa. Voi come gruppo quali tipo di obiettivi a breve e lungo termine vi siete prefissati?Quando sono arrivata qui, la società disputava il campionato di Serie B e l’obiettivo era vincere qualche partita. Anno dopo anno il roster si è attrezzato sempre meglio fino alla conquista della promozione in Serie A2; poi abbiamo iniziato a mettere l’asticella sempre più in alto passando dalla salvezza ai play-off e così ogni stagione ce ne poniamo uno diverso. Ovviamente tutte vogliono arrivare alla Coppa Italia o alla promozione in A1, noi lasciamo che sia il tempo a parlare e le nostre capacità, poiché vedremo davvero di che pasta siamo fatte. Secondo me possiamo arrivare davvero in alto, ma siamo solamente agli inizi e anche altre rivali con obiettivi simili stanno capendo come compattarsi per puntare successivamente a qualcosa di più importante.
    Dopo tutti questi anni ormai la città di Matelica ti ha reso il suo simbolo, ma vista la tua esperienza in A1 e in generale nella pallacanestro, quale è stato l’impatto che hai avuto con la città appena sei arrivata?Quando sono arrivata qui sono rimasta colpita a livello emotivo. Io avevo appena terminato l’esperienza con Napoli che era fallita, poi sono andata all’Athena Roma e il destino è stato il medesimo, perciò ne venivo da esperienze deludenti a causa di chi non ha vero interesse verso la pallacanestro e verso le giocatrici. Ero abbattuta e non volevo più saperne di giocare, ma qualche tempo dopo è arrivata l’Halley Thunder Matelica che ha riacceso la mia passione per questo sport. Posso dire quasi di essere cresciuta insieme a questo progetto e a questo sogno, ci ha coinvolto entrambi emotivamente e piano piano anche la gente della città ha cominciato a crederci venendo al palazzetto per tifarci e sognare insieme a noi. 
    Sapendo quanto voi sudamericani siate legati alla vostra città e alle vostre usanze, quanto ti manca l’Argentina e indossare la maglia albiceleste?Certamente! Casa è casa e c’è la mia famiglia, però anche qui in Italia le mie abitudini non le perdo. Il mate [the tipico dell’Argentina, ndr] mi “segue” sempre, per me è come una religione: al mattino si beve mate, al pomeriggio si beve mate, in compagnia si beve mate; per noi significa unione, è qualcosa da condividere in qualsiasi momento così come qui si usa andare a prendere un caffè tutti insieme. Allo stesso modo posso dire che indossare la maglia della nazionale è sempre stato tutto per me: a volte la gente fatica a credermi quando glielo racconto, ma quando qui tutti erano in vacanza io andavo in Argentina per allenarmi e giocare i tornei con la nazionale; inoltre non avevo nemmeno il tempo di stare un po’ con la mia famiglia perché ricominciava la stagione e dovevo tornare in Italia. Questo per dire che indossare quei colori rappresenta tutto per me, sentire l’inno nazionale, partecipare alle varie competizioni, perciò tornare in Argentina senza fare le vacanze non è mai stato un peso, anzi semmai un onore. Ho anche un tatuaggio che rappresenta il mio paese, perché volevo qualcosa riguardante le mie origini che rimanesse sempre con me in maniera indelebile. Sono ovviamente legata anche all’Italia e tifo per le ragazze quando giocano in nazionale, però non fatemi scegliere quale delle due preferisco perché non posso rispondere [ride, ndr].
    C’è una giocatrice con cui hai sempre sognato di misurarti o a cui ti sei ispirata nella tua carriera?Per mia fortuna ho avuto l’opportunità di giocare contro la mia giocatrice preferita che è Diana Taurasi. Lei ha origini argentine e io ho potuto regalarle personalmente – in quanto capitano – una maglia della nostra nazionale con stampate sopra il suo cognome e il suo numero. Giocarci contro è stato davvero un privilegio, ma non solo: mi ha anche fatto un fallaccio dopo pochi minuti che eravamo in campo ed è venuta subito a chiedermi scusa per l’accaduto. Qui in Italia invece ho avuto la possibilità di giocare contro e in squadra insieme a Chicca Macchi che reputo la giocatrice italiana più forte della storia, senza nulla togliere a talenti attuali come Matilde [Villa, ndr] o Cecilia [Zandalasini, ndr] per esempio che fanno a gara per chi prenderà il suo testimone, però Chicca la reputo su un altro livello. Posso dire di aver giocato contro l’élite della pallacanestro femminile, perciò alzo le mani e mi reputo davvero fortunata per quanto raggiunto nella mia carriera. LEGGI TUTTO

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    Debora Gonzalez è il simbolo dell’ambiziosa Matelica

    A pochi giorni dalla settima giornata di campionato, la Halley Thunder Matelica continua a sognare in grande, forte delle quattro vittorie consecutive che stanno permettendo loro di occupare la quarta posizione in classifica con una gara da recuperare. Nell’ultimo turno infatti non si è disputato lo scontro al vertice contro la W.APU Delser Crich Udine – rimandato al 6 dicembre – ma il record di quattro vittorie e una sola sconfitta mostra come la compagine marchigiana sia ben più di semplice comparsa. Non solo l’attacco più prolifico della Serie A2 (dopo cinque partite) con 76.2 punti a partita, ma è anche la squadra che cattura più rimbalzi con 45.0 di media e anche quella che fa registrare la valutazione complessiva più alta con 88.8; tuttavia questi sono solo numeri grezzi rispetto a quanto di buono coach Domenico Sorgentone e le sue ragazze hanno fatto vedere in questi primi quaranta giorni. La Halley Thunder ha ambizioni differenti rispetto alle due passate stagioni, sviluppate attraverso un processo graduale in cui la fretta non è certamente alla base delle idee del Presidente Euro Gatti e ha un minimo comune denominatore che risponde al nome di Débora Gonzàlez. La playmaker italo/argentina – originaria di Lomas de Zamora, ma di formazione cestistica italiana – sta consolidando il suo status di giocatrice simbolo di Matelica: miglior realizzatrice della serie cadetta con 22.4 punti a partita,  seconda per assist distribuiti con 5.2, terza per recuperi con 3.2 e al primo posto per valutazione media con 25.2, un’autentica trascinatrice. È proprio la classe 1990 a raccontarci le sue impressioni riguardo l’inizio di stagione, lasciandoci inoltre qualche aneddoto su ciò che ha reso “Pepo” questo tipo di giocatrice.
    Miglior realizzatrice del campionato di Serie A2 e la Halley Thunder Matelica in striscia positiva da quattro partite. Che tipo di aria si respira e quali sensazioni hai in questo momento?Siamo cresciute molto di settimana in settimana, soprattutto dopo la sconfitta contro una squadra forte e attrezzata come la Ecodem Alpo; successivamente abbiamo tirato su la testa, consapevoli dei nostri mezzi a disposizione e abbiamo ottenuto quattro vittorie consecutive. Se sono la miglior realizzatrice del campionato il merito va alle mie compagne che fanno davvero tanto in campo e si fidano di me, perciò io non potrei essere più felice del gruppo e dei risultati che stiamo ottenendo.
    Oltre ad essere una scorer di alto livello primeggi anche in altre statistiche come assist, palle rubate, valutazione e sei costantemente presente a rimbalzo. Possiamo dire quindi che Débora Gonzàlez è molto più di una giocatrice che “sa fare canestro”?Certamente, ma penso principalmente sia grazie all’esperienza acquisita in tutti questi anni: in A2 ci sono tantissime giocatrici giovani e a volte mi basta leggere uno sguardo per sapere dove andrà la palla così da essere sempre un secondo avanti a loro; per quanto riguarda i passaggi decisivi alle compagne, anche qui la carta dell’esperienza gioca un fattore importante, oltre però all’intesa formidabile che abbiamo tutte insieme.
    Il presidente è entusiasta dell’ambiente e della squadra, così come dei risultati ottenuti perciò le ambizioni si fanno sempre più grandi col tempo che passa. Voi come gruppo quali tipo di obiettivi a breve e lungo termine vi siete prefissati?Quando sono arrivata qui, la società disputava il campionato di Serie B e l’obiettivo era vincere qualche partita. Anno dopo anno il roster si è attrezzato sempre meglio fino alla conquista della promozione in Serie A2; poi abbiamo iniziato a mettere l’asticella sempre più in alto passando dalla salvezza ai play-off e così ogni stagione ce ne poniamo uno diverso. Ovviamente tutte vogliono arrivare alla Coppa Italia o alla promozione in A1, noi lasciamo che sia il tempo a parlare e le nostre capacità, poiché vedremo davvero di che pasta siamo fatte. Secondo me possiamo arrivare davvero in alto, ma siamo solamente agli inizi e anche altre rivali con obiettivi simili stanno capendo come compattarsi per puntare successivamente a qualcosa di più importante.
    Dopo tutti questi anni ormai la città di Matelica ti ha reso il suo simbolo, ma vista la tua esperienza in A1 e in generale nella pallacanestro, quale è stato l’impatto che hai avuto con la città appena sei arrivata?Quando sono arrivata qui sono rimasta colpita a livello emotivo. Io avevo appena terminato l’esperienza con Napoli che era fallita, poi sono andata all’Athena Roma e il destino è stato il medesimo, perciò ne venivo da esperienze deludenti a causa di chi non ha vero interesse verso la pallacanestro e verso le giocatrici. Ero abbattuta e non volevo più saperne di giocare, ma qualche tempo dopo è arrivata l’Halley Thunder Matelica che ha riacceso la mia passione per questo sport. Posso dire quasi di essere cresciuta insieme a questo progetto e a questo sogno, ci ha coinvolto entrambi emotivamente e piano piano anche la gente della città ha cominciato a crederci venendo al palazzetto per tifarci e sognare insieme a noi. 
    Sapendo quanto voi sudamericani siate legati alla vostra città e alle vostre usanze, quanto ti manca l’Argentina e indossare la maglia albiceleste?Certamente! Casa è casa e c’è la mia famiglia, però anche qui in Italia le mie abitudini non le perdo. Il mate [the tipico dell’Argentina, ndr] mi “segue” sempre, per me è come una religione: al mattino si beve mate, al pomeriggio si beve mate, in compagnia si beve mate; per noi significa unione, è qualcosa da condividere in qualsiasi momento così come qui si usa andare a prendere un caffè tutti insieme. Allo stesso modo posso dire che indossare la maglia della nazionale è sempre stato tutto per me: a volte la gente fatica a credermi quando glielo racconto, ma quando qui tutti erano in vacanza io andavo in Argentina per allenarmi e giocare i tornei con la nazionale; inoltre non avevo nemmeno il tempo di stare un po’ con la mia famiglia perché ricominciava la stagione e dovevo tornare in Italia. Questo per dire che indossare quei colori rappresenta tutto per me, sentire l’inno nazionale, partecipare alle varie competizioni, perciò tornare in Argentina senza fare le vacanze non è mai stato un peso, anzi semmai un onore. Ho anche un tatuaggio che rappresenta il mio paese, perché volevo qualcosa riguardante le mie origini che rimanesse sempre con me in maniera indelebile. Sono ovviamente legata anche all’Italia e tifo per le ragazze quando giocano in nazionale, però non fatemi scegliere quale delle due preferisco perché non posso rispondere [ride, ndr].
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