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    Tessitori nuovo capitano dell’Umana Venezia: “Nostro obiettivo dare fastidio”

    Tessitori sul nuovo ruolo
    Tessitori, come vive la prima volta da capitano in un club. «È un motivo di orgoglio, lo ero stato qualche volta in Nazionale, mai in una società. È un bel ruolo, sono molto contento che la Reyer abbia scelto me e che mi abbia dato questa opportunità e molta fiducia e responsabilità. Mi piace aiutare la squadra, anche dal punto di vista emotivo e vocale. Ha sempre fatto parte del mio modo di essere e giocare. Dovrò farlo ancora di più» .
    Tra le top avete cambiato forse meno di tutte. La continuità aiuta?. «Dare continuità al lavoro fatto l’anno scorso è il piano attuato dalla società. Facendo una strategia del genere, non cambiando più di tanti giocatori aiuta. Quelli che sono rimasti, sanno già giocare quella maniera e aiutano i nuovi innesti a inserirsi nel gioco».
    Da precampionato e Supercoppa che indicazioni ha tratto? «Penso che non ci siamo obiezioni: il campionato italiano è sempre più di alto livello, sta aumentando la competitività, una fattore in più di orgoglio per noi italiani. Non ci sono più squadre cuscinetto. Sarà un campionato molto equilibrato. Poi siamo all’inizio, difficile esprimersi ,non ho visto tutte le quadre giocare». Obiettivi della Reyer? «Il nostro obiettivo è dare fastidio, alle big, a tutte. Portare in campo sempre e comunque la nostra massima espressione. Dobbiamo crescere ogni settimana. Non ci vogliamo porre limiti per combattere e migliorare».
    Le ambizioni in Eurocup
    Capitolo Eurocup, playoff possibili? «Dipende tutto da noi, dal lavoro che faremo in questi mesi, non escludiamo niente, non sto a fare proclami, mi piace più dimostrare che parlare»
    Tra i lunghi è arrivato un altro italiano Lever. Non giovane, ma in via di maturazione, pronto ad aiutarlo? «È un ottimo giocatore per aiutare la squadra, ha grandi capacità. Se vorrà sono pronto a consigliarlo. Ma è già pronto, ormai nella maturità, che può servire tanto una stagione così lunga».
    Avete aggiunto creatività, con Ennis e Munford. «Si ci sono giocatori che possono creare e finire, di altissimo livello, molto forti. E come ragazzi, per quanto li ho conosciuti in questo primo mese, sono ragazzi stupendi, di sicuro ci daranno qualcosa in più».
    Centri italiani ce ne sono sempre meno «Ma dobbiamo avere pazienza, stanno arrivano. Certo non quelli del passato. Non si gioca più con il lungo poco mobile dentro l’area. Ci sono situazioni di gioco molto più dinamiche, la figura sta cambiando, ma sarà difficile che scompaia, altrimenti chi fa i blocchi? (sorride, ndr). Sta cambiando, come cambia la pallacanestro»
    E Tessitori a quasi 30 anni aspetta da se stesso progressi? «La mia filosofia di vita è che se smetto di migliorare, significa che o non ho più voglia, dunque che dovrò smettere. Sono sempre molto curioso di vedere cose nuove e aggiungere al gioco. Posso lavorare ancora sull’atletismo, cercando di velocizzare i movimenti, per esempio».
    La sfida a Milano e Virtus
    Milano e Virtus in pole position, è una tradizione. Reyer terza forza? «Vedremo. Milano e Virtus sono costruite con criteri molto diversi, poi dipende da cosa si dimostrerà in campo. Ma sono favorite, eccome».
    Ha parlato di centri italiani, chi vede arrivare? «È un centro non è facile, escono sempre un po’ tardi, io sono una riprova. Penso ai vari Diop, anche se non può essere azzurro, Caruso, Diouf, c’è Faye di Reggio, ne abbiamo m anche in A2 di futuribili. Bisogna avere calma senza mettere pressione a nessuno».
    Ormai ha un ruolo nevralgico per Venezia, s’è visto in Supercoppa. «Posso aiutare nelle situazioni più particolari, cercando di mettere in campo le mie capacità. Son nelle fondamenta della squadra, devo cercare di essere più solido possibile».
    E la Nazionale? Non è andato al Preolimpico. «Per l’Italia sono sempre disponibile, se Italia e Pozzecco chiamano io dico presente, per qualsiasi situazione. Anche soltanto per le finestre, cercando di dare tutto». LEGGI TUTTO

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    Petrucci: “Geloso del volley? Mai. Vincerà anche il basket”

     «Preferirei di no». 
    Incredibile. 
    «Ma no, non voglio farlo perché sento troppi pettegolezzi e falsità. Dico solo che per vincere ci vogliono i voti». 
    Perché si ricandida? 
    «Ho esperienza in tutti gli sport, non solo nel basket. Ho fatto il presidente del Coni, ho lavorato nel calcio con la Roma (vicepresidente esecutivo, ndr) e ora nella Salernitana. E poi sono stato fortunato: ho sempre ottenuto i voti per farmi eleggere». 
    Discorso che vale anche per Gravina alla Federcalcio. 
    «Perché no? Se si candida e ha i numeri quale sarebbe il problema. È la democrazia» 
    Barelli al nuoto, Binaghi al tennis. I big delle altre federazioni sono già stati rieletti, manca solo lei. 
    «Beh, non solo io, ce ne sono anche altri. Ma è la base che decide, come accaduto al rugby e voglio fare i complimenti a Duodo. Un grande dirigente che conosco dai tempi del gruppo Benetton che ha investito molte risorse nel mondo dello sport». 
    Ma si diventa presidente di una federazione grazie ai risultati? 
    «Per essere eletto conta soprattutto come ti comporti. Sul risultato in sé un presidente non incide». 
    Lo dice perché il basket non era all’Olimpiade? 
    «No, è la realtà. Sono rimaste fuori dai Giochi fior di Nazionali, non solo l’Italia. E a Tokyo nel 2021 siamo stati i migliori a livello di squadra, arrivando quinti». 
    Ma il volley a Parigi ha vinto. Invidioso? 
    «Per niente: quello geloso è il perdente. Sono bravi e hanno meritato l’oro olimpico. Una grande federazione, un grande presidente. Sono altri che vogliono metterci in competizione. E poi io la pallavolo ce l’ho in casa». 
    In che senso. 
    «Mia moglie ha lavorato per anni alla federvolley, è uno sport che fa parte della mia famiglia». 
    Potete replicare il modello volley, avviando un circolo virtuoso? 
    «Secondo me sì, è la sfida del prossimo quadriennio. Ci stanno lavorando Datome e Trainotti. Anche se la realtà del basket è particolare e diversa dalla pallavolo». 
    In cosa? 
    «Noi abbiamo due organizzazioni private, Eurolega e Nba, con cui non sempre è facile confrontarsi. A fine novembre, ad esempio, si gioca Italia-Islanda, partita di qualificazione ai prossimi Europei, in concomitanza con l’Eurolega: avere i giocatori è un problema. Dalla Nba, poi, possiamo averli solo per 28 giorni. Pozzecco e Datome comunque avvieranno un ampio lavoro di scouting in giro per l’Italia». 
    Il basket italiano è in salute? 
    «Sì, la finale della Supercoppa Milano-Bologna dell’altro giorno è stato uno spot meraviglioso. Ma sono sicuro che non sarà un campionato con due sole squadre protagoniste, ce ne sono anche altre che possono inserirsi al vertice». 
    I rapporti con le Leghe? 
    «Buoni, molto buoni. Il presidente Maiorana (presidente della Lega Basket, ndr) sta facendo un grande lavoro. Mi è piaciuta anche l’iniziativa della Lega di A di Gandini per raccontare il basket ai bambini sul canale tv Boing. Altrettanto bene si sta muovendo Protani per il rilancio del basket femminile».  
    Anche da presidente della federbasket non perde di vista l’amato calcio, da vicepresidente della Salernitana. 
    «E mi auguro che il presidente Iervolino torni allo stadio, sono convinto che i tifosi apprezzerebbero. Lui ama il club. La mia posizione nella Lega di B? Mi rimetto alle scelte politiche del patron Iervolino e dell’amministratore delegato Milan». 
    Resta il Coni e il futuro di Malagò che, al momento, non può ricandidarsi. 
    «Tutti conoscono il mio rapporto di amicizia con la famiglia Malagò. La realtà è che c’è una legge e se le cose non cambiano purtroppo non c’è molto che si possa fare».  LEGGI TUTTO

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    Pippo Ricci sull’Olimpia Milano: “Vogliamo fare meglio in Italia e in Europa”

    Ricci, ha vissuto un’estate diversa, azzurra solo all’inizio e poi senza Giochi. «Una delusione vera, siamo consci che ognuno avrebbe potuto dare di più. Ma giocare un torneo così importante a fine di una stagione lunga e stressante è davvero difficile. Difficile anche resettare. Abbiamo le qualità per riscattarci all’Europeo 2025, andremo per fare risultato. D’altro canto ho potuto trascorrere più tempo in famiglia, fare un po’ di mare, allenarmi come non potevo da anni. E poi con la mia ragazza Silvia e gli amici abbiamo vissuto la fantastica avventura in Africa».
    Make it happen, la sua associazione, sta costruendo una scuola in Tanzania. «Il contenitore ora contiene davvero, ha preso vita: la scuola è attiva, ci sono sei insegnanti, due cuochi, 4 suore. Trenta ragazzine stupende dormono, vivono e studiano lì. E da gennaio 2025 con la struttura completata potremo accogliere 100 persone e aprire anche ai ragazzini. Abbiamo iniziato con le ragazzine perché ci piaceva l’idea di puntare del resto sull’empowerment femminile. È stato un viaggio lungo, 11 ore dall’aeroporto per raggiungere la provincia di Singida. Una soddisfazzione immensa, l’emozione di vedere che quanto abbiamo iniziato due anni fa è realizzato. Abbiamo pure raccontato le nostre vite, spiegato il significato del nostro motto “make it happen”, cioè “fai in modo che accada”»
    La nomina di capitano
    Al rientro si è scoperto capitano di Milano. Lei che lo era stato anche della Virtus. «Grandissima soddisfazione. Il primo giorno Ettore Messina mi ha detto che avrebbe avuto piacere se Shavon e io saremmo stati capitani. Se guardo la mia storia, non era previsto, scontato. io sono partito da lontano. Sono super orgoglioso, ma mi sento anche super responsabile. Poi è un onore grandissimo prendere il testimone da un amico e una figura importante come Nicolò Melli che ha scritto pagine e pagine di storia, qui».
    Milano molto rinnovata, negli uomini e nella struttura. «Vero, ma si percepisce una grande energia. Siamo consapevoli che ci vorrà tempo, dovremo avere pazienza, per conoscerci e capirci. Ogni giocatore deve crescere e accettare gli altrui difetti, valorizzarne i pregi. C’è grande voglia di lavorare. Vogliamo vincere più possibile, fare meglio della scorsa stagione in Europa e in Italia. Mai come quest’anno ogni giocatore dovrà cercare una crescita quotidiana. L’Eurolega è ancor più competitiva, ha squadre fortissime. E anche la Serie A è in crescita. Dovremo affrontare ogni partita come se sia quella della vita, a cominciare dalla semifinale di Supercoppa».
    Lei parla di pazienza, ma a Milano è una parola sconosciuta. «Lo sappiamo che Milano fa notizia quando perde e che le avversarie si caricano contro di noi. Sappiamo pure che in una stagione ci sono sempre momenti negativi, da superare costruendo un sistema resistente».
    Armani più fisica e più atletica. «Il sistema di Messina non cambia. Ma dà nuove prospettive avere corpi importanti come Bolmaro: è un playmaker di due metri e può cambiare su tutti in difesa, gli piace correre e attaccare fino in fondo. Anche Dimitrjevic è un playmaker che dà ritmo. E noi dovremo correre di più. Nebo è centro mobile, sa rollare e ogni volta che salta fa impressione. Comunque sono arrivati anche professori come Causeur, fa sempre la cosa giusta Tutto ciò a ci permetterà di difendere con maggiore aggressività e pressione. Le partite più importanti le abbiamo sempre vinte in difesa. Le prime impressioni sono super perché abbiamo avuto una preparazione più lunga per conoscerci e vedo una straordinaria volontà».
    Le rivali in Italia e in Europa
    Eurolega più forte che mai, con club che in vista del futuro tetto salariale hanno speso tantissimo. «Il livello si è alzato, l’Eurolega è sempre più il riferimento. Però abbiamo visto all’Olimpiade: persino gli Usa hanno rischiato di perdere. Panathinaikos, Olympiacos, Real, Fenerbahce fanno impressione. Noi partiamo senza troppi riflettori, una condizione ideale».
    Milano e Virtus sembrano lontane per le rivali in A. «Ogni anno lo si dice, poi andiamo in trasferta e si perde. L’anno scorso siamo partiti con 5 vittorie e 5 sconfitte. Vedo più squadre competitive. Le solite Venezia, Tortona. C’è Trapani che ha ambizione e spende, Sassari è interessante. Brescia ha cambiato, Peppe Poeta è un amico e da coach potrà creare la sorpresa. Treviso ha fatto un bellissimo precampionato».
    Cosa aspettarci in Supercoppa? «Partite combattute e personalmente spero in un esito diverso. Dicono non conti, ma se perdi rosichi. Vedremo chi sarà più pronto». Lei che viene da lontano cosa consiglia ai giovani? «La parola che ho più utilizzato nella chiacchierata: pazienza. Nella vita nessuno ti regala niente e nei momenti difficili non bisogna restare la notte con gli occhi fissi sul muro. Costanza nel lavoro, credendoci sempre. A 20 anni ero in B2, poi sono salito in B, in A2, fino alla Nazionale. Nessuno ci credeva. Non succede a tutti, ma dare il 100% è l’unico modo per non rimpiangere. E anche i club dovrebbero avere più pazienza, lanciare i giovani e permettere loro di sbagliare».
    Dov’è la laurea in matematica? «È in bella mostra in salotto. Ma non è solo un ricordo. Ho in testa di fare un Master. Studio e basket per me sono stati yin e yang, lo studio aiuta o sport, mi ha aiutato a stare concentrato sempre e a non mollare. Ho impiegato dieci anni perché giocando non è facile, ma ho capito che anche nel basket poteva andare così. E poi è importante avere altri interessi, altre visioni». LEGGI TUTTO

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    Basket, la Supercoppa di Livorno accessibile anche a chi ha disabilità visiva

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    Repesa: “Con Trapani per attaccare Milano e Virtus”

    La storia d’amore tra Jasmin Repesa e l’Italia s’arricchisce di una nuova suggestiva tappa. Il tecnico croato, che da noi ha vinto due scudetti (Fortitudo Bologna nel 2005 e Olimpia Milano nel 2016), ha allenato in cinque città diverse prima di approdare in questa stagione in Sicilia, a Trapani, che da oggi si sposta a Bormio per il ritiro, per lanciare il guanto di sfida alle grandi del basket tricolore. 
    Repesa, senza l’Italia non sa proprio stare? «Qui da voi sto benissimo, lo sapete. Questa volta però non sono arrivato via mare come è accaduto a Pesaro, quando partii dalle coste croate per sbarcare nelle Marche e firmare per la Victoria Libertas. È andato bene anche un aereo. Per convincermi ci è voluto poco, sono stato travolto dell’entusiasmo del presidente Antonini, che mi ha presentato un progetto chiaro: creare una base solida e una grande squadra, anche se neopromossa, per puntare al massimo».  Magari l’avrà convinta il suo pupillo Basile, che ha fatto della Sicilia la sua casa. «Baso devo ancora sentirlo, lo farò molto presto. So che si è stabilito a Capo d’Orlando. Come dargli torto? Questi posti sono meravigliosi. Trapani è a misura d’uomo, si conoscono tutti e sembra di stare in famiglia. Il mare, il calore del sole e della gente, la cucina favolosa. E le grandi ambizioni di un club che vuole cambiare gli equilibri della serie A. Abbiamo messo insieme un gruppo molto interessante».  Usa il plurale. Allora è vero che la squadra la fa anche Antonini? «Ognuno ha i suoi ruoli e le sue competenze. Il presidente è un vincente, come non assecondare la sua sete di vittoria? Ma alla fine sui giocatori decido io, con i miei collaboratori dell’area tecnica. Come Andrea Diana, che ora è mio assistente ma ha portato Trapani alla storica promozione in A».  Un percorso strano quello di Diana, quasi fosse un gambero. «Ero stato contattato dal club dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia di A2 a Roma. Ero rimasto colpito, affascinato ma avevo declinato l’offerta perché impegnato come dt delle nazionali croate. Intanto era stato scelto Andrea che ha fatto benissimo. Poi il mio telefono è squillato e il presidente mi ha detto: Jasko, l’appuntamento era solo rimandato, vieni a fare grande Trapani. Non so stare senza il campo, senza allenare. E mi piacciono le grandi sfide, Eccomi».  Uno staff da Eurolega? «Mi provochi con la domanda? Certo che l’Europa nella sua massima espressione è un obiettivo. Come rompere il duopolio di Milano e Virtus. E noi siamo pronti a provarci. Abbiamo un Palazzetto ammodernato e pronto a grandi sfide, che proprio il presidente ha ristrutturato. Il club si sta rafforzando in ruoli chiave. Antonini dice scudetto? Apprezzo il suo entusiasmo e lavoreremo per arrivare più in alto possibile. Ogni tassello va sistemato alla perfezione. Ora dovremo consolidarci, vincere il più possibile e iniziare a guardare sempre oltre l’obiettivo già raggiunto. Intanto il 7 e 8 settembre ospiteremo un torneo di altissimo livello con il Partizan di Obradovic, i Ryukyu Golden Kings e Tortona».  La città come sta rispondendo? «L’entusiasmo lo tocco con mano. Devo fare un po’ il pompiere, ma hanno ragione. Sono stati venduti 3500 abbonamenti, roba da top club. Ora però servono i fatti. Vorrei che la mia squadra, di cui sono soddisfattissimo, esprimesse un basket in cui i trapanesi e tutti i siciliani possano riconoscersi e di cui andare fieri: brillante, aggressivo, spettacolare. Questa è la mia promessa».  Chissà che strada facendo non incroci la strada di suo figlio Dino. «È un ottimo coach, preparato. Quest’anno allenerà al Cedevita Zagabria. Presto sarà pronto per un grande club europeo, magari in Italia. Intanto mi ha regalato un nipotino. Mi piace sentirmi chiamare nonno, ma non sono pronto per la pensione».  La scorsa stagione è stata segnata anche da tanto dolore. «Ho la Fortitudo nel cuore, è cosa nota. Prima la scomparsa, inaspettata, di Ruben Douglas. Viene ricordato per il canestro dello scudetto del 2005. Io l’ho nel cuore come un ragazzo solare strappato troppo presto alla vita. E poi Abele Ferrarini, storico massaggiatore della Effe. Abele era tutto. Amico, professionista, confidente. Un gentiluomo sempre disponibile. Ci mancherà, mi piacerebbe dedicargli un trofeo».  LEGGI TUTTO

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    LeBron e il rifiuto che indigna i social: un bambino vuole un selfie, lui gli risponde così

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