Altri due passi – subito in Qatar, poi la settimana prossima ad Abu Dhabi – e sul Mondiale verrà tirata una riga. Sappiamo che il bilancio risulterà particolarmente doloroso per il binomio Ferrari-Hamilton, che avrebbe dovuto fare faville secondo chi aveva ideato questa grande acquisizione. Proprio all’avvicinamento alla pagella di fine stagione, in Qatar, Lewis ha voluto prendere le distanze dalla sua copia demoralizzata e sfiduciata che aveva parlato solo pochi giorni prima a Las Vegas.
L’entusiasmo di Hamilton
«Ero nel pieno della frustrazione – ha dichiarato ieri Hamilton nella conferenza stampa ufficiale pre-gara – La gara non era andata particolarmente bene (ultimo in qualificazione, poi nel GP da 19º a 8º grazie alla doppia squalifica McLaren, ndr) ma il mio stato d’animo è diverso: sono entusiasta di vedere quel che farà la Ferrari l’anno prossimo e di continuare a costruire un rapporto con loro. Abbiamo trovato coesione dentro la squadra, c’è una passione fantastica, ora concentriamoci su quel che deve arrivare. I risultati parlano chiaro, ma gli aspetti positivi non mancano. Le prestazioni della macchina in questi ultimi due weekend non cambiano le mie aspettative per il 2026». E l’ottimismo di Lewis ha pervaso anche questo stesso appuntamento di Lusail: «Penso che la macchina andrà bene in Qatar, sarà difficile essere al livello della Red Bull, ma spero in un fine settimana migliore».
Numeri deludenti
Ci sarebbe da eccepire su tanta eccitazione, su queste ossessive ostentazioni di coesione (ieri l’ha detto anche Charles Leclerc), sul fatto che la SF-25 non va male solo da due weekend ma da che è nata. Comunque stiano le cose, che sia qualcuno a dover recuperare il soldato Lewis o sia lui stesso a doversi salvare, è un fatto che subisca regolarmente dal compagno di squadra ormai da quattro anni (prima Russell, ora Leclerc), che abbia vinto due volte negli ultimi 91 GP e non sia salito sul podio negli ultimi dodici mesi. Che possa farcela è convinzione di Ross Brawn, che fu direttore tecnico della Ferrari nell’era-Schumacher (fu assunto anche lui con Michael, dalla Benetton) ed ebbe occasione di lavorare con Hamilton in Mercedes nel 2013: «Lewis è piuttosto determinato e ha dimostrato resilienza in passato, quindi non c’è alcun motivo per cui non dovrebbe riuscirci – ha spiegato Brawn – Spero solo che la Ferrari riesca ad adattarsi alle nuove regole».
I consigli di Vettel
Sebastian Vettel ha dato alla crisi di Hamilton una sua personale versione: «Io sono cresciuto con la mia lingua madre, il tedesco, e ho dovuto imparare l’inglese perché correvo a livello internazionale. Bisogna sapersi adattare e non voglio dire che Lewis non lo abbia fatto, ma lui era un inglese in una squadra inglese, sicché passando alla Ferrari avrà trovato una differenza enorme, perché a Maranello lingua e cultura sono italiani, anche se si parla l’inglese. Conosci davvero le persone, conosci la loro cultura se non parli la loro lingua?». Domanda retorica: no, ovviamente. E infatti l’argomento smuove in Vettel qualche piccolo rimpianto: «Io ho commesso un errore cruciale, ho imparato l’italiano ma non abbastanza bene, lo capivo ma lo parlavo poco, avrei dovuto studiarlo di più». Il consiglio andrebbe anche esteso a Vasseur e l’analisi è interessante, anche se forse bisognerebbe andare più a fondo: fallì a suo tempo anche la missione ferrarista di Fernando Alonso, che l’italiano lo parlava benissimo.
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