Yastremska e le pro del Ladies Courmayeur Open hanno i brividi. Storie di vita che invitano a riflettere, molto più importanti di un rovescio a tutto braccio su una palla break.
Buongiorno alla vita, buongiorno al coraggio, buongiorno ai disabili che fanno sport e danno un segnale decisivo ai normodotati. Adaptive Tennis Randstad conquista il Courmayeur Ladies Open – Cassina Trophy al Courmayeur Sport Center e regala una mattinata di gioia e di sorrisi ma anche di profonde e importanti riflessioni. Lo dicono le facce e l’attenzione delle protagoniste del torneo “250“ WTA che interrompono più volte il riscaldamento nei campi attigui d’allenamento approntati dall’amministrazione comunale guidata dal dinamico sindaco Roberto Rota. Non solo si fermano, ma parlano a bassa voce, chiedono scusa se una palla schizza incontrollata altrove, osservano, si guardano e trasecolano anche. Colpite, colpitissime da quanto accade accanto a loro. Molto impressionate dalla capacità, dalla volontà, ma soprattutto dalla forza dei disabili che vedono palleggiare con perizia a pochi metri di distanza: chi quasi cieco, chi con una protesi, chi in carrozzina. Sono momenti importanti, di formazione, proprio come vuole il messaggio Randstad Italia, promotore e organizzatore dell’esibizione di Adaptive Tennis, disciplina che – grazie a racchette e palline – mette in risalto le qualità atletiche e umane di persone con varie tipologie di disabilità. Il Deus ex machina è l’atleta paralimpico (nonché “educa-allenatore” di “Allenarsi per il Futuro” Ranstad Italia e Bosch Italia), nonché stella di bronzo al merito sportivo paralimpico, Massimiliano Manfredi, e porta in campo gli atleti di quattro associazioni, in rappresentanza di altrettante disabilità:
Bionic People con 2 atleti “standing”,
– Real Eyes Sport con 2 atleti “blind”,
– Ash Novara con 2 atleti Fisdir,
– Lab 3.11, in collaborazione con FIT, con 2 atleti wheelchair.
Tutte le atlete sono fortemente colpite dalla scena, ma l’espressione quasi contrita della numero 1 del torneo, Dayana Yastremska, è davvero particolare. La 21enne ucraina è titubante, dolce, gentile, disponibilissima, mentre rimanda la pallina che le arriva di là della rete e incita e sostiene l’avversario che palleggia con lei, ma soprattutto ha gli occhi sgranati nell’osservare la scena. Solo alla fine, ancora molto impressionata dalle foto di rito, confesserà la sua doppia sensazione di imbarazzo: “Mi ricorderò per sempre questa esperienza, rimarrà davvero indimenticabile. È vero, sono molto toccata: la persona cieca con cui ho palleggiato è stata davvero incredibile. Mia madre ha avuto problemi con la vista, che ha superato, e quindi l’esperienza è stata ancor più emozionante”. Dayana conquista così molti punti nell’applausometro dell’umanità. Figurarsi se conoscesse le storie molto particolari che la circondano. Per esempio c’è Gianluca Cappiello, categoria B3 “blind”, ipovedente dalla nascita, che può giocare con 2 rimbalzi o anche uno della speciale pallina più grande e soffice, e soprattutto con un sensore che segnala con un suono l’impatto al suolo aiutando la scarsa visione del giocatore. “I B1 giocano su un campo ridotto e con tre rimbalzi della palla, i B2 su un campo normale ma con due rimbalzi”, racconta il 24enne di Cassago Brianza che è stato spinto dall’amico Davide: “Io ho la visione del un ventesimo a un occhio e un cinquantesimo all’altro, vedo qualcosa, vedo la figura, spesso non la faccia, mi aiuto coi colori di com’è vestita la persona. Sfortunato io? C’è chi non vede proprio niente, non mi lamento”.
C’è Emanuele “Lele” Bezzi, 28 anni di Cameri (Novara) C1, atleta con sindrome di Down della FISDIR, che da 15 anni sviluppa la sua passione di tennista: “E’ la mia vita, gioco due volte la settimana alla Polisportiva ASH di Novara, e due coi normodotati a al TC Cameri, fra non molto voglio provare anche il Padel”. Sogna di diventare istruttore e poi maestro di tennis, e sintetizza la sua esperienza contro una professionista WTA dicendo: “Non ho sentito tanto la differenza con la sua palla, me la rimandava bella, tesa, anche lei ha dei colpi!”. Con la mamma che ridacchia della sua simpatia.
C’è Gabriele Vietti 49enne di Vigevano, la storia del tennis con la Sindrome di Down, campione mondiale 2016, star degli Special Olympics anche nel nuoto, nel basket e nel tennis tavolo. Ha battuto Bezzi, suo compagno di doppio, ma la settima scorsa agli Europei c’è stata la rivincita da parte del giovane avversario che è così considerato il futuro degli atleti con la sindrome di Down (Trisome games).
C’è Giorgio Napoli di Luino un bel ragazzo di 23 anni che due anni fa per un incidente stradale ha perso una gamba e ora si aiuta con un arto alla Pistorius. ”La prima reazione, quando i medici mi hanno informato che mi avevano dovuto amputare una gamba, è stata quella di dire: “Devo andare avanti, devo reagire anche per la gente che rivuole bene, per la mia famiglia. Oggi, da Bionic People standing, studio alla IULM e dico che l’incidente mi ha reso migliore e mi ha dato una forza maggiore nel proseguire, nell’avere un obiettivo”.
C’è Gregory Leperdi, di Torino, anche lui Bionic People e nazionale di para ice hockey, anche campione europeo con la nazionale in una delle sole sette discipline ai Giochi Paralimpici invernali.
C’è Giulia Capocci una bella ragazza 30enne di Arezzo trapiantata a Torino, che non ama raccontare della malattia del 2013 la trattiene su una sedia a rotelle: da normodotati giocava già a tennis in terza categoria e quindi aveva trovato una realizzazione agonistica nel tennis weelchair, arrivando al numero 1 d’Italia e al 4 del mondo nel 2016, ma da due anni ha dovuto interrompere per problemi alla schiena: “Mi allenavo ed andavo in giro per il mondo 25/26 settimane proprio come i professionisti”. Infatti termina il palleggio con la Yastremska col braccio destro dolorante. Oggi lavora a Torino alla LAB3 11 Srl: “Sta per laboratorio terzo piano stanza 11”.
E qui si apre un’altra finestra sull’affascinante mondo dei disabili. Perché la stanza dov’è stato ricoverato Costantino Perna dopo l’incidente d’auto del 2010 che gli ha massacrato la spina dorsale rendendolo un paraplegico incompleto: “Fortunatamente qualche muscolo funziona, riesco a camminare col bastone e posso giocare a tennis sia pure in carrozzina, contro i miei figli che giocano all’impiedi”. Era già un artigiano nel campo della meccanica, durante i nove mesi di degenza, ha ragionato sulle sedie a rotelle e ha pensato che se fosse riuscito a personalizzarle avrebbe evitato di creare un ulteriore disagio a chi già ha il disagio della sua condizione. “Così nel 2013 ho brevettato questa sedia a rotelle regolabile in base all’atleta, la Advantage, che ora vendiamo a 2000 euro ed esportiamo pure. Una cifra che viene colmata spesso dal Rotary, dal circolo, dal comune o dalle famiglie di riferimento della persona che la richiede ma che ultimamente sta accontentando anche la richiesta di tantissimi bambini. Il nostro distributore è Decathlon, abbiamo lanciato un progetto scuola molto interessante che a Cremona ha il suo acme, abbiamo un accordo con la FIT nel quadro di “Racchette di Classe”, e sono orgoglioso del fatto che 2 giocatori su 8 del Master finale wheelchair da lunedì ad Orlando sono nostri testimonial: l’argentino Gustavo Fernandez e lo spagnolo Martin De la Puente. E da lunedì pomeriggio alla Sisport siamo al Tourin in Love, nella Race to Tourin delle Nitto ATP Finals, progetto legato agli sportivi con disabilità”