29 maggio 2018 – ROMA
Un sogno olimpico chiamato Iran. Più o meno da sempre ai margini della geografia mondiale della pallanuoto, la nazionale asiatica sta cercando con coraggio e investimenti di rendersi competitiva, per provare a contendere alle altre potenze del suo continente la qualificazione a Tokyo 2020. E per farlo ha chiesto aiuto anche all’Italia. Ad allenarli oggi c’è il 40enne c.t. Aleksandar Ciric. Con la Serbia ha vinto 3 medaglie olimpiche (bronzo a Sydney 2000 e Pechino 2008, argento ad Atene 2004), un oro iridato e 3 Europei, 7 scudetti in patria e uno in Italia: “A Brescia, che è sempre nel mio cuore”. Ciric ha smesso nel 2015 e ha intrapreso subito il percorso di allenatore.
stage a ostia — Sul mare di Roma, a Ostia, nello stage di poche settimane fa, erano in 14. Non sono letteralmente professionisti, non hanno un contratto con la nazionale, ma con i club e solo quei ragazzi che giocano in prima divisione (7 squadre). Con Ciric al timone, la nazionale iraniana sta accorciando il gap con le potenze asiatiche, Giappone, Kazakistan e Cina, come dimostrano il quarto posto agli Asian Championships del 2016 e la finale raggiunta al recente Development Trophy. La collaborazione con la Fin è nata dalla visita a Teheran del presidente Paolo Barelli e del c.t. Sandro Campagna, suo idolo da bambino. “Il pareggio con la Cina, nella partita poi persa ai rigori, rappresenta il miglior risultato con loro dai tempi della rivoluzione. Avevano un sistema un po’ vecchio, ho dovuto rivedere qualche posizione, ma loro hanno sposato i miei concetti e lo stile che voglio imporre”. Ad agosto a Giacarta agli Asian Games proveranno a inseguire il loro sogno: con il Giappone ovviamente qualificato di diritto ai Giochi 2020, una medaglia potrebbe regalare all’Iran il pass olimpico (l’ultima volta centrato a Montreal 1976).
donne — Nella capitale (16 milioni di abitanti) giocano quasi tutte le squadre della prima divisione, le altre città dove si gioca sono Tabriz, Esfahan, Kermanshah, Yazd, Shiraz e Omidiyeh. Anche se molte squadre si fermano al settore giovanile, con i giocatori costretti poi a spostarsi a Teheran. Ma anche in Iran i gruppi sportivi militari offrono la possibilità di continuare a giocare ad alto livello. “Lavoro con gli Under 17 e 20, cerchiamo di alzare il livello degli allenamenti e al tempo stesso costruire nuovi tecnici”. A cercarlo era stato Mohsen Rezvani, la leggenda iraniana della pallanuoto e oggi presidente federale. “E vivendo in Iran 9 mesi l’anno ho iniziato ad apprezzare questo popolo, che, vissuto, è così diverso da come viene dipinto dai media: sono umili, generosi, orgogliosi, seri. Il 95% dei giovani frequentano l’Università. Un paese che ha una cultura vecchia di 7.000 anni, che ha costruito un impero come quello persiano. Vengo dalla Serbia e come loro ho vissuto la guerra: in entrambi i casi ci sono moltissime spinte dall’estero verso quei paesi che hanno risorse naturali. Nella robotica sono secondi solo al Giappone, nella medicina, nella chirurgia sono primi al mondo, curano malattie come sclerosi, cancro”. In Iran molte straniere hanno lavorato e lavorano nella pallavolo o nella pallamano. Restano però le imposizioni generali: nei gradi stadi, come ad esempio nel calcio, le donne non possono andare. La religione islamica infatti vieta il contatto fisico tra uomo e donna e sarebbe impossibile controllare. “Recentemente nella pallavolo – racconta Ciric – nelle partite maschili hanno creato un settore per sole donne”. Nella pallanuoto al momento ancora non c’è, anche se il dirigente che accompagna la squadra a Ostia spiega che, proprio grazie alla spinta dello sport, le autorità politiche e religiose del paese negli ultimi anni hanno varato diverse riforme in tal senso e nei prossimi anni ci si aspettano ulteriori passi in quella direzione. “Recentemente la tv ha trasmesso in diretta una nostra partita: un evento inedito. L’unica accortezza che hanno preso è stata quella di non mostrare i giocatori in costume fuori dall’acqua. Ma si tratta di un importantissimo passo avanti per il nostro sport”.
capitano — Come qualsiasi altra squadra del mondo, vivono di regolamenti da rispettare, poi loro hanno anche le festività e il ramadan. “Quando cerchiamo di andare in un altro paese – spiega Ciric – perché se sei in viaggio c’è più tolleranza e si possono gestire. Non sono intolleranti verso le religioni: in Teheran ci sono 37 chiese cattoliche”. Dopo la scuola la leva obbligatoria li trattiene per 2 anni, ma possono differire se si iscrivono all’Università. Se sono atleti di alto livello col permesso del ministero possono continuare ad allenarsi durante il servizio. In squadra infatti ci sono anche due soldati, ma anche ingegneri, studenti di economia o del loro corrispondente Isef. Il capitano è Ali Piroozhah: “Siamo due fratelli, l’altro è nelle giovanili. E’ una tradizione di famiglia, papà amava tutti gli sport e praticava atletica e lotta. Prima nuotavo, ma non ero velocissimo, sono un po’ troppo cicciottello”. Così a 9 anni un tecnico lo ha trasferito nella squadra di pallanuoto e Ali si è messo a lavorare duro, riuscendo da subito a farsi notare: a 14 anni giocava già nell’Under 18, ha conquistato l’argento agli Asian Championships. “Sono sempre stato il capitano di tutte le giovanili e ora anche della seniores. Sono cresciuto assieme al movimento. La cosa che mi piace è che uno sport di squadra e che stando sempre in acqua ti senti sempre pulito. Non mi piaceva nuotare, invece è bello lottare e fare gol, stare insieme ai compagni, viaggiare, incontrare ragazzi di altri paesi e altre culture. Quando avevo 15 anni sarei potuto andare a giocare a Sydney ma non potevo senza avere fatto prima il militare: mio fratello e il suo allenatore iraniano vivono lì. La nostra federazione sta lavorando per fare della pallanuoto uno sport popolare, di successo, per avere anche il supporto del governo e crescere ulteriormente”. Ali lavora come manager in un’azienda che commercia in gioielli: “Sono sposato, mia moglie ovviamente ne ha preteso uno bellissimo… Roma? Per me è la prima volta, è magnifica, ho visto molti posti e qui c’è davvero la storia, come da noi. Mangiare? Adoro la pizza, ma anche da noi la facciamo bene. Solo non devo stare attento a non esagerare”.
giovani — Amirhosein Rahbarjedi ha solo 19 anni, studia all’Isef ed è il mancino della squadra: “Quando ho iniziato avevo 11 anni, papà insegnava nuoto in piscina e andava da quando ne avevo 6. Mi piacque guardandola in tv. È bellissimo giocare e il lavoro duro dà molte soddisfazioni. Vorrei restare nello sport anche dopo e sempre nella pallanuoto, magari seguendo un percorso come preparatore dei tecnici”. Il suo primo obiettivo è andare a Giacarta a conquistare una medaglia: “E’ molto bello sapere che il nostro sport sta diventando popolare nel paese, al momento non siamo famosi, ma se riusciremo a salire sul podio potremmo avanzare nella considerazione della gente. E… ora ogni tanto firmo qualche autografo”. Shayan Ghasemidaryan è il portiere è ha appena compiuto 20 anni. “Sono piccolino, ho un fisico differente dal classico portiere di pallanuoto, ma ho grandi riflessi, sono veloce. E uso molto la testa, mi alleno molto più degli alti, faccio molto lavoro specifico”. Del suo ruolo gli piace la sfida: “I rigori, mi ricordano un duello. All’inizio nuotavo, poi a 10 anni ho scoperto la pallanuoto per caso in un camp e mi dissero che ero bravo. Devo mettere su un po’ di chili, magari in questo mi aiuta la cucina italiana”. All’università frequenta scienze dello sport: “Il mio obiettivo è conseguire un master e fare una carriera nel campo della preparazione atletica specifica, dalla nutrizione al fitness. Il sogno? Vincere la medaglia olimpica. Se ci arriviamo, tanto vale sognare in grande”. Non ha tutti i torti.