Appunti dal campo, attraverso un numero, una statistica insieme alle parole di chi è protagonista, per provare ad arrivare ad un pensiero tecnico.
15 punti. 15 punti (che non spiegano abbastanza) per Giuditta Nicolodi nella semifinale di Coppa Italia Con il suo Geas, che non doveva nemmeno esserci, ma che ha scritto una bella favola arrivando alla finale. Cominciando dalle maglie nuove. fatte stampare proprio per la Coppa, per sentire di andare in campo per qualcosa di non ordinario.
Pagina 1, Coppa Italia 2019. Semifinale tra Geas e Reyer. “Giuditta MVP” posta su Instagram la Sotty da Istanbul. Arriva anche a Istanbul l’energia di Giuditta. E si può essere MVP solo se la tua squadra ha vinto. Attaccato alla linea di fondo (il posto migliore per vedere una partita), mi impressiona il suo isolarsi in positivo. Gioca, attiva, si batte, contatti, segna, prende rimbalzi, si sente dentro la partita. E mai una parola, una smorfia, una lamentela, un gesto di protesta. Solo il campo, la sua esigenza, la voglia di sfida. “Ci sono partite che sento in modo particolare. Quando c’è la tensione, quella positiva, sentendo che c’è in palio qualcosa sul campo. E la tensione è ancora più bella quando giochi contro chi è ritenuto più forte.”
La tensione è adrenalina. La sfida è adrenalina. L’esigenza del campo è adrenalina. E non vale la pena di distrarsi. Per non perderla.
Pagina 2, operazione alla caviglia 2014. Giuditta gioca a Venezia, infortunio alla caviglia. Una decisione da prendere, operarsi o no. Non c’è giusto o sbagliato. C’è anche il rischio di poter -poi- essere limitata. Ci pensa. Ci pensa una volte, poi forse un’altra mezza. Operarsi la decisione. “Accettando il rischio, perché rimanere con quel fastidio sarebbe sempre stato un problema.” Forse un alibi, e Giuditta proprio non li vuole.
Pagina 3, Svezia, febbraio 2018. Partita di qualificazione all’Europeo. In Svezia. La Croazia ci ha battuto in casa. La Svezia ha vinto in Croazia. Non esiste però la proprietà transitiva sul campo. Non serve nemmeno dire quanto sia importante. Chi sa di appartenere non ne ha bisogno. Non servono parole, anzi, per rispettare e sfidare l’esigenza che arriva dal campo. Primo minuto, prima azione difensiva. Fallo fischiato ad Olbis. Seconda azione difensiva Zahoui segna. Nessuna agitazione, sì -davvero- non mi agito . Non penso proprio , dietro c’è Nicolodi “Che non ha mai giocato in Nazionale ; che è solo 1.80; che non è un 5”. Frasi fatte. Inutili. “Quelle che mi ero sentito dire tante volte” , sottolinea Giuditta. Nessun Ma. Si risolvono i problemi sentendosi diventare squadra. Senza parole. Con i fatti. Senza spiegare. Con gli occhi. Oltre ai ruoli del manuale impolverato.
Vinciamo. E la piccola Giuditta domina a rimbalzo. “Una figata. Questo quello che sentivo nel post partita. Questo quello che mi dico quando mi capita di ripensarci”. Proprio una figata.
Pagina 4. Prati attorno ai campi di golf di Folgaria oppure “Parole d’oro” fuori Lucca. A Giuditta piace pensare. Piace camminare e pensare. Da sola. O quando è a casa con …… “Per rilassarmi. Per sentirmi bene. Cosa penso ? Penso a qualcosa a come migliorarmi, non solo sul campo da basket. A come migliorare come sono e dove sono. “ Insomma sogni ad occhi aperti ? “Si “ Una sillaba per rispondere. Senza aggiungere un ma.
Perché come diceva Magritte “ I sogni non vogliono farvi dormire, al contrario, vogliono svegliare”.
Pagina 5, Nicolo Melli. Tutti sognano di diventare Curry o Doncic. Da bimbi, forse. Tutti sognano di essere Zandalasini o Sottana. Forse, ma anche no. Se sei una team player. Un pezzo indispensabile per vincere e sai che non hai il talento per essere prima punta, e nemmeno seconda e terza, il sogno -quello ad occhi aperti- lo vuoi reale. “Mi piace Nicolò Melli. Il suo modo di giocare. Di fare cose intelligenti sul campo. Mi piace la sua storia. Il fatto che ha dovuto trovare ambiente e allenatori che hanno esaltato le sue qualità. Non da subito.”
Marco Crespi