Di Roberto Zucca
Non era certo la partita di domenica l’occasione per dimostrare qualcosa. Anche perché aprire il suo curriculum significa immergersi in una storia pallavolistica che parte da molto lontano e che Marco Falaschi può riepilogare annoverando molti anni di vittorie e soddisfazioni:
“Io credo che un giocatore debba comunque dimostrare il suo valore, a prescindere dalla maglia che indossa o dalla carriera che ha fatto. È stata una bella soddisfazione poter essere di supporto alla squadra in questo avvio di play off”.
La partita a cui ci riferiamo è stata Gara 1 dei quarti tra la sua Cucine Lube Civitanova e Modena. La stampa ha parlato di un gradito ritorno in regia.
“È stato un bel segnale per tutta la squadra, che ha risposto anche al mio bisogno di avere del tempo per fare un po’ di rodaggio. Non tutti i palloni erano perfetti e la prova corale ha fatto sì che certe sbavature non compromettessero la buona riuscita dell’incontro”.
Un cambio alla guida della squadra. Un cambio in regia. Non pensa che in questi casi Civitanova faccia davvero vedere la compagine che è?
“Una squadra dovrebbe farlo vedere in ogni momento. Questa squadra ha degli ottimi elementi che possono fare la differenza sempre. Il cambio in panchina è stato tempestivo e ha retto bene alla pressione richiesta dal fatto che siamo arrivati ai quarti dei play off, e ogni incontro è ormai fondamentale per la prosecuzione del campionato”.
Sono passati ormai molti mesi dalla scelta di fare un passo indietro e scegliere di fare il secondo a Civitanova. Tornando indietro rifarebbe questa scelta?
“Dopo partite come questa la domanda mi sembra a senso unico! Sì comunque, è stata una scelta che è stata accompagnata da diverse riflessioni. In primis quelle di giocare in una società che garantisse una continuità e una sicurezza, stante la situazione pandemica che ha messo in ginocchio molte discipline sportive. Sul ruolo, in questi mesi ho fatto un percorso e sono soddisfatto. Mi riservo di risponderle più avanti (ride, n.d.r.)”.
Le confesso che prima di preparare questa intervista ho visto la sua bacheca Instag ram. Quando le capita di rivedere la foto del 1° febbraio con la Coppa in mano, che emozioni la attraversano?
“Svariate. Una parte di me avrebbe voluto trovarsi in campo e lottare su ogni pallone. Un’altra parte di me la guarda e prova parecchia gioia per aver vissuto quell’istante e aver condiviso quella serata con tutti i presenti. La cosa più importante è che quel trofeo appartenga alla Lube”.
La battuta “un milione di palleggiatori ucciderebbero per avere il suo posto” me la consente?
“Lo so, io vivo di dicotomie, ma forse è anche il bello della mia storia. Non sono mai soddisfatto del tutto, ma lo sono in tutte le cose della vita. Forse questo mi stimolerà sempre per cercare di migliorarmi ancora. Alla mia età io sogno ancora anni pieni di gioco e di soddisfazioni”.
Chiudiamo con l’attualità. Non posso non chiederle cosa ne pensa, da vicepresidente dell’AIP, delle foto apparse domeniche a sostegno di Lara Lugli.
“Che è il primo passo verso una forte richiesta di cambiamento. E spero che l’alzata di scudi e le prese di posizione da parte della stampa e dei vertici dello sport non cadano nel dimenticatoio dopo il polverone che si è alzato. Questa associazione ha iniziato un lavoro che mira a far riflettere società, atleti e mondo della pallavolo sulla creazione di strumenti e politiche che possano far dire davvero che esiste un professionismo serio e unanime nella nostra disciplina”.
Il bilancio del lavoro fatto finora è positivo?
“Bisogna continuarlo. Chiudiamo così”.