Legabasket dovrebbe essere una società di servizi per i suoi associati. Ne è talmente convinta (a parole) che vorrebbe potersi gestire da sola anche la giustizia sportiva, assumendo su di sè la gestione della classe arbitrale. E la FIP non le concede nulla di tutto ciò, anzi ultimamente le ha spiegato due volte che deve stare sottomessa perché opera in regime di delega che le può essere revocata in un amen.
In tutto ciò la storiaccia del James Nunnally dell’Olimpia Milano ha dimostrato in un attimo che non è semplice passare dalle buone intenzioni alla capacità di svolgere un ruolo. La “società di servizi” avrebbe dovuto, dal momento che riceve le richieste di tesseramento delle squadre, verificarne validità e condizioni d’uso ma nell’organigramma probabilmente non c’è una figura professionale all’uopo dedicata. Così dopo i veleni di un eventuale sgarbo perpetrato ai danni di Armani (che Dio ce lo conservi a lungo, visto che è uno dei pochi ad aver dimostrato con la sua opera di aver fatto il bene dell’Olimpia e della pallacanestro italiana), classico esempio di dietrologia all’italiana per non dover ammettere di essere stati fessi, arriva la squalifica numero 2.
Sassari perde sul campo e perde pure per il giudice sportivo. Pozzecco aveva una squalifica da scontare, come Nunnally ma perfino più recente! E stavolta se ne è accorto solo il giudice sportivo. Uno pensa che dopo il fattaccio milanese, Legabasket si sia rapidamente organizzata affinché una cosa del genere non si possa ripetere più – perché dal punto di vista dell’immagine è stato un disastro su tutta la linea – invece tutti a dormire… tra le coperte degli alberghi fiorentini di Coppa Italia facendo finta, con grande senso di responsabilità, che nulla sia successo.
D’altra parte è come Don Abbondio: se uno la responsabilità non ce l’ha, non è che gli può venire… Diciamo che se il venerdì alle 11:00 scade il deposito delle richieste di nuovi tesseramenti, invece di ponderare seriosamente il relativo comunicato stampa un’ora più tardi nulla vieta che si faccia una verifica in FIP della posizione dei nuovi tesserati e comunicarla direttamente ai club prima di autorizzarli a mandarli in campo. Organizzativamente – ripetiamo se non fosse stato chiaro – occorre solo una persona munita di cellulare tra quelle già stipendiate. Anche perché con certe figure barbine si trasmette un senso di insicurezza che non può che disincentivare l’ingresso di nuovi investitori nella pallacanestro italiana.