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    Léna Chameaux dice no al vaccino e rompe il contratto con il Terville-Florange

    Di Redazione Nella pallavolo europea c’è un nuovo caso di rescissione contrattuale dovuto al rifiuto di sottoporsi al vaccino contro il Covid-19. La notizia, riportata da L’Equipe, viene dalla Francia e riguarda Léna Chameaux, 24enne palleggiatrice approdata quest’anno al Terville-Florange per la sua prima stagione in Ligue A. La giocatrice, non vaccinata, non ha accettato la nuova regola che anche nel campionato francese impone il Green Pass agli atleti a partire dal mese di febbraio, e il 28 gennaio ha interrotto il suo contratto. “Ho accettato il tampone ogni tre giorni, poi ogni giorno, malgrado i costi. Ma non accetto il pass vaccinale, e senza di esso non posso più entrare in una palestra. Non sono una no vax, non sono contraria ai vaccini ‘normali’, soltanto a quello contro il Covid” ha dichiarato Chameaux in un’intervista a Republicain Lorrain. Si tratta almeno del secondo caso simile in Europa dopo la vicenda del polacco Konrad Formela, che per gli stessi motivi aveva rescisso il contratto con lo SK Zadruga Aich/Dob, e si era poi accasato alla Dinamo Bucarest (in Romania il vaccino non è obbligatorio). Secondo i rumors, però, ci sarebbero altre separazioni improvvise avvenute tra gennaio e febbraio e dovute alle stesse cause, anche nei campionati italiani. (fonte: L’Equipe) LEGGI TUTTO

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    F1, si va verso la vaccinazione obbligatoria: la FIA avverte il paddock

    ROMA – “Il comando della Formula 1 pretenderà che tutto il personale in movimento sia completamente vaccinato, non saranno concesse esenzioni”. La FIA, servendosi di un portavoce, chiarisce la sua posizione per quanto riguarda la sicurezza sanitaria nella prossima stagione del Mondiale, il cui calendario ha in programma 23 tappe. La minaccia del Covid-19 non è ancora stata neutralizzata e per questo la Federazione intende tutelare sia la salute di tutto il Circus, sia eventuali focolai all’interno del paddock che potrebbero creare problemi nell’itinerario. L’obbligo di vaccinazione riguarderà tutti: dai piloti, ai tecnici, dai media agli ospiti nei box.
    Sul numero di dosi
    La FIA non ha ancora diramato alcun comunicato ufficiale sull’obbligo di vaccinazione e la posizione del portavoce suona perciò come una specie di sollecitazione. Nelle parole del funzionario FIA, però, non si fanno riferimenti alla quantità di dosi necessarie per considerarsi immunizzato e dunque rimane il dubbio se sarà necessario o meno il “booster”, ossia la terza dose del vaccino. Nel frattempo, ci si prepara al primo appuntamento della nuova stagione, ossia lo shakedown di Barcellona, in agenda dal 23 al 25 febbraio. Entro quella data ci si aspetta dunque che la Federazione fornisca ulteriori dettagli questo aspetto. LEGGI TUTTO

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    F1, portavoce FIA: “Vaccino obbligatorio per piloti e addetti ai lavori”

    ROMA – “La direzione della Formula 1 esigerà che tutto il personale itinerante sia completamente vaccinato e non concederà esenzioni”. È questa la posizione della FIA, trapelata attraverso le parole di un portavoce, per quanto riguarda la prossima stagione del Mondiale, il cui calendario ha in programma 23 tappe. La minaccia del Covid-19 non è ancora stata neutralizzata e per questo la Federazione intende tutelare sia la salute di tutto il Circus, sia eventuali focolai all’interno del paddock che potrebbero creare problemi nell’itinerario. L’obbligo di vaccinazione riguarderà tutti: dai piloti, ai tecnici, dai media agli ospiti nei box.
    Il dubbio sulle dosi
    La FIA non ha ancora diramato alcun comunicato ufficiale sull’obbligo di vaccinazione e la posizione del portavoce suona perciò come una specie di sollecitazione. Nelle parole del funzionario FIA, però, non si fanno riferimenti alla quantità di dosi necessarie per considerarsi immunizzato e dunque rimane il dubbio se sarà necessario o meno il “booster”, ossia la terza dose del vaccino. Allo shakedown di Barcellona (23-25 febbraio) mancano però pochi giorni e la Federazione è chiamata a un ulteriore chiarimento sulla questione. LEGGI TUTTO

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    Nikola Grbic difende Djokovic: “Non meritava di essere trattato così”

    Di Redazione Anche Nikola Grbic, allenatore della Sir Safety Conad Perugia e, da pochi giorni, della nazionale polacca, si unisce al coro dei tanti connazionali che hanno difeso Novak Djokovic, il campione di tennis costretto a lasciare l’Australia dopo aver tentato invano di partecipare agli Australian Open pur non essendo vaccinato contro il Covid-19. Interrogato sull’argomento dai media polacchi, Grbic ha sottolineato di parlare a titolo personale e ha commentato: “La mia opinione è che la questione si sia politicizzata e questo non è un bene“. “Tanto per cominciare – ha detto il tecnico serbo, medaglia d’oro da giocatore a Sydney 2000 – per viaggiare in Australia serve un visto, e io ne so qualcosa. Se gli è stato rilasciato, vuol dire che ha fornito i documenti richiesti e qualcuno glielo ha assegnato, non se lo è certo timbrato da solo… Non credo meritasse il modo in cui è stato trattato, lo hanno messo in un hotel insieme a persone che si recano in Australia illegalmente. Inoltre, ho sentito che agli Australian Open parteciperanno altre persone non vaccinate, che hanno presentato la sua stessa documentazione“. Grbic contesta anche il fatto che a Djokovic non sia stata riconosciuta l’esenzione medica dovuta al contagio da coronavirus avvenuto in dicembre: “Quando prendi il virus sviluppi gli anticorpi, e questa è la protezione più forte che si possa immaginare contro le malattie. Nessun vaccino protegge dal virus quanto il corpo umano“. Infine l’allenatore di Perugia difende il tennista a livello personale: “Non sono il suo migliore amico, ma so che è umile come tutti i grandi campioni. È un ragazzo modesto e con i piedi per terra, che ha aiutato molte persone. Devo ammettere però che, in quanto serbo, su questo argomento sono di parte…“. (fonte: WP Sportowe Fakty) LEGGI TUTTO

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    De Togni (AIP): “Mascherine? Mai rifiutate. Servono anche a dare un segnale”

    Di Redazione Il tema del giorno nella pallavolo italiana è quello delle mascherine, dopo la scelta da parte della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia e di altri giocatori e giocatrici di indossarle anche sul campo durante le partite (ecco il modello speciale utilizzato dai giocatori di Vibo). Di iniziative simili si era già parlato agli albori della pandemia, e anche il presidente di Lega Pallavolo Serie A, Massimo Righi, ha dichiarato che più di un anno fa i giocatori avevano rifiutato le mascherine dopo un test sul campo. Una versione che, però, non convince Giorgio De Togni, presidente di AIP – Associazione Italiana Pallavolisti. “All’epoca ne avevo parlato con il presidente – ricorda De Togni – perché avevo saputo che erano state inviate queste mascherine da sperimentare, due per società. Ma in realtà i giocatori che l’avevano provata si contavano sulle dita di una mano, tante squadre non le avevano neanche consegnate. Poi ci saranno stati dei pareri negativi, ma stiamo parlando dell’1%-2% dei giocatori di Superlega. L’iniziativa era lodevole, ma bisognava poi assicurarsi di poterla mettere in pratica“. Adesso siete favorevoli a indossare le mascherine in partita? “Certo, è da ottobre dello scorso anno che stiamo cercando di sensibilizzare i giocatori, che da allora si stanno scambiando pareri e messaggi sull’argomento. Vibo ha scelto di procedere, altri si stanno organizzando“. Non sarà anche che il clima è un po’ cambiato? “Sicuramente sì: un anno fa ci si sentiva abbastanza sicuri, era appena arrivato il vaccino e si sperava che avrebbe fermato i contagi. Ora si è visto che i casi stanno risalendo e si cerca in tutti i modi di evitarlo. Le mascherine servono anche per far capire che non ci si può fermare in questo momento e anche per dare un segnale di normalità, come ci è stato chiesto di fare, al mondo che ci circonda“. Altra novità è l’introduzione dell’obbligo di Green Pass rafforzato per gli sportivi di squadra: avete feedback in questo senso? Ci sono giocatori che rifiutano il vaccino? “Dalle stime che mi arrivano credo che il 98% dei pallavolisti di Serie A sia vaccinato, percentuali analoghe a quelle del calcio. Che io sappia ci sono una decina di casi di giocatori non vaccinati tra Serie A2 e A3 maschile, e qualcuna in A2 femminile, ma credo che adesso stiano provvedendo perché non ho informazioni diverse“. La squalifica di Alberto Polo per doping è stata aumentata di altri due anni dalla Corte d’Appello. È un caso che avete seguito da vicino, cosa ne pensa? “Sicuramente il giocatore ha sbagliato, ma che paghi da solo mi sembra un’ennesima dimostrazione del fatto che i giocatori vengono trattati come strumenti e nessuno condivide mai le responsabilità. Mi piacerebbe leggere qualche dichiarazione della società, e in generale avere più chiarezza al riguardo“. A proposito di Corte d’Appello, in questo caso della Federazione: è stato rigettato per l’ennesima volta il suo reclamo sull’eleggibilità di Massimo Dalfovo come rappresentante degli atleti nel Consiglio Federale… “La sentenza mi ha fatto sorridere in alcuni passaggi. Continueremo a seguire l’iter giudiziario, è una questione di principio“. Ma, nel concreto, ritiene che gli atleti siano adeguatamente rappresentati? “A mio avviso un consigliere in quota atleti dovrebbe essere presente a tutte le riunioni del Consiglio e, soprattutto, informare i giocatori delle decisioni che vengono prese. Invece non ci sono comunicazioni né scambi, non viene condivisa alcuna problematica. Siamo noi a farci promotori delle iniziative che vengono realizzate“. A un anno e mezzo dalla nascita di AIP, come vede i rapporti dell’associazione con le istituzioni? “Spesso sembra che in questo mondo i giocatori siano ridotti a essere oggetti, utilizzati solo per fare spettacolo. In molti casi non c’è correttezza da parte di chi ci governa. Basti pensare a quando abbiamo organizzato l’iniziativa a favore di Lara Lugli e giocatori e giocatrici sono scesi in campo con il pallone sotto la maglia per simulare la gravidanza… In quell’occasione ho ricevuto velate minacce di multe a carico degli atleti. Ma allora nel nostro mondo non c’è nemmeno libertà d’espressione?“. LEGGI TUTTO

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    Konrad Formela rifiuta il vaccino, lo SK Zadruga rescinde il contratto

    Di Redazione Per la prima volta nel volley europeo e, probabilmente, mondiale, una società ha deciso di rescindere il contratto con un suo giocatore che si era rifiutato di sottoporsi al vaccino contro il Covid-19. È accaduto in Austria, dove lo SK Zadruga Aich/Dob, una delle principali formazioni del campionato locale, ha annunciato di aver interrotto la collaborazione con lo schiacciatore polacco Konrad Formela, che giocava con la maglia dello Zadruga dal 2020 e che anche gli appassionati italiani conoscono per la sua breve militanza a Tuscania. Formela era regolarmente vaccinato con due dosi, ma secondo quanto riportato dalla società ha rifiutato di ricevere la terza dose, il cosiddetto “booster”, nonostante “inutili colloqui e tentativi di convincerlo“. Il direttore sportivo Martin Micheu commenta: “Siamo molto delusi dal fatto che Formela non sia disposto a rinnovare il suo certificato di vaccinazione scaduto. Ora è considerato non vaccinato, e quindi rappresenta un rischio per la sua salute e per quella dei compagni. Inoltre, la situazione rende quasi impossibile partecipare alle partite nazionali e internazionali. Non ci resta altra scelta che rescindere il contratto“. “Per noi è una grave perdita – ha sottolineato il dirigente – la nostra rosa è molto ristretta e abbiamo già quattro giocatori infortunati. Da qui alla fine di gennaio ci sono 8 partite importanti e sarà molto complicato proseguire la nostra striscia positiva, perché al momento è difficile trovare alternative valide sul mercato“. Formela, comunque, non avrà problemi a trovare una nuova squadra: la società stessa riferisce che “voleva giocare in un paese in cui le norme sulla vaccinazione non sono così rigide, perciò dalla prossima settimana sarà in Romania“. (fonte: SK Zadruga Aich/Dob) LEGGI TUTTO

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    Catia Pedrini: “Il Governo si occupa dello sport solo per massacrarlo”

    Di Redazione Delusione, amarezza e rabbia: Catia Pedrini è un fiume in piena nell’intervista concessa a Radio Sportiva sugli ultimi provvedimenti contro la diffusione della pandemia, in particolare la limitazione al 35% della capienza dei palazzetti. E attacca frontalmente il governo Draghi: “Come si può lasciare i cinema a capienza piena e far tornare i palasport al 35%? Confrontarci con queste chiusure per il terzo anno consecutivo equivale a farci morire. Questo Governo, che non ha il Ministero dello Sport e si occupa di noi solo per massacrarci, è indegno“. “Per il mondo dello sport – continua la presidente di Modena Volley – le decisioni sono intollerabili, perché la gestione è schizofrenica. Credo che la pandemia ormai sia da considerare endemica, e con questo bisogna fare i conti. L’unica decisione che ritengo sensata e plausibile è quella dell’obbligo vaccinale, che forse arriverà ma con un anno di ritardo“. E sui vaccini Pedrini aggiunge: “Tutti i nostri giocatori sono vaccinati e stanno facendo la terza dose. C’è grande sensibilità sul tema, anche perché, al di là di ogni considerazione, quando si vive in una comunità è necessario rispettare le regole del bene comune. Che i vaccini siano l’unico modo per contrastare questo virus ormai lo sappiamo, ci si deve rassegnare per amore o per forza“. (fonte: Il Resto del Carlino Modena) LEGGI TUTTO

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    Dal 10 gennaio in campo solo i vaccinati. Attesa per il nuovo protocollo

    Di Redazione Si avvicina per lo sport italiano la fatidica data del 10 gennaio, giorno in cui entreranno in vigore le nuove disposizioni governative introdotte con il “Decreto Festività” del 29 dicembre. Tra queste anche l’obbligo di Green Pass “rafforzato” (quello ottenuto tramite la vaccinazione, e non con il solo tampone) per praticare gli sport di squadra e di contatto: di fatto, un obbligo vaccinale per tutti gli atleti, anche quelli che svolgono attività a livello agonistico, Serie A compresa. Su quest’ultimo punto c’era per la verità qualche dubbio, ma a dissiparlo è intervenuto il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio nelle sue FAQ aggiornate: “Il possesso della certificazione verde è richiesto anche per gli atleti agonisti o di rilevanza nazionale che accedono ai servizi e attività per i quali la normativa lo prevede“. Da lunedì, dunque, non sarà più sufficiente il Green Pass “base” per scendere in campo. Ora c’è attesa per i protocolli Fipav aggiornati che sono annunciati a breve e che dovranno recepire le nuove norme. Il provvedimento creerà certamente più di una difficoltà ai giocatori non ancora vaccinati (pochi, ma presenti anche nelle categorie superiori), ma al tempo stesso potrebbe consentire qualche allentamento delle norme su tamponi e quarantene, che al momento sono a un passo dal provocare la paralisi dei campionati. Un tema sollevato anche da AIP – Associazione Italiana Pallavolisti nell’ultima riunione del 3 gennaio tra i referenti degli spogliatoi di Superlega, Serie A2 e Serie A3, sia pure in senso opposto: “È emersa – si legge in un comunicato – la netta volontà di resistere tutti insieme, di tenere duro e proseguire tutte le attività, per il bene del sistema sportivo, anche valutando la libera scelta di utilizzare le mascherine sportive. Come già comunicato pochi giorni fa, gli atleti sono molto preoccupati per i protocolli attuali, che non prevedono un obbligo di controllo tramite tamponi e un mancato obbligo a comunicare a un ente centrale e controllore l’esito degli stessi“. “C’è ancora oggi poca chiarezza – sottolinea inoltre AIP – sul percorso post-Covid ‘Return to play’, fortemente raccomandato dal Ministero della Salute, Dipartimento per lo Sport e Federazione Medici Sportivi Italiani e chiediamo che qualcuno faccia chiarezza, dando anche qui un’indicazione chiara e definita per tutti“. LEGGI TUTTO