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    Europei femminili di basket, storico successo del Belgio!

    LUBIANA (Slovenia) – Il Belgio sul tetto d’Europa: per la prima volta nella storia, la squadra femminile di basket vince gli Europei di categoria battendo in finale la Spagna. Il punteggio (64-58) è maturato dopo una sfida piuttosto equilibrata: l’allungo decisivo è arrivato nell’ultimo quarto dove la Spagna non è riuscita a tenere il passo delle avversaria. LEGGI TUTTO

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    Gigi Datome, intervista esclusiva: “Ora parlo con Pozzecco”

    Datome, la sua è stata una stagione tormentata: gli infortuni, poi un virus. Lo scudetto e il premio di MVP dello spareggio quanto la ripaga per quello che ha passato?«Alcuni problemi sono purtroppo fuori dal nostro controllo. Il virus è stata la cosa peggiore, perché anche quando sono tornato ero molto debilitato a livello muscolare. Mi ha dato davvero fastidio. Però sapevo che con il tempo avrei ripreso la condizione, e speravo di farmi trovare pronto quando Messina avrebbe ritenuto opportuno utilizzarmi. Ero concentrato su questo, senza ascoltare alcuna voce esterna. Ero convinto di avere tanto da dare alla squadra e sono felice di averla aiutata a vincere il secondo scudetto di fila».
    È stata un’annata difficile anche per tutta l’Armani: lei è stato tentato qualche volta di dire “qui crolla tutto”?«È la domanda giusta, perché la possibilità c’era. Ma vedendo la squadra allenarsi, mi rendevo conto che c’era una grandissimo impegno quotidiano e tanta serietà. Io ho vissuto la realtà di tanti gruppi, e so che queste cose alla fine ti portano dei dividendi. Abbiamo vissuto tanti mesi bui, soprattutto in Eurolega, dove eravamo lontani dal livello che volevamo mostrare. Eppure non c’è stato mai un giorno in cui qualcuno ha scosso la testa in palestra. Ripeto, il lavoro ci ha portato a giocarci lo scudetto, che per altro poteva finire a noi come a Bologna. Quando siamo stati tutti bene abbiamo fatto vedere la migliore pallacanestro».
    Queste ultime sono state notti particolari per lei. Ansia?«No, è stato solo un sonno poco regolare: mi svegliavo, pensavo alla partita, sognavo la gara. Avrei voluto giocare subito perché l’attesa era davvero snervante. Io se fosse possibile mi piacerebbe disputare quattro partite in quattro giorni: è l’attesa tra un impegno e l’altro che è snervante! Poi in campo diventiamo tutti calmi e sappiamo cosa fare».
    A fine gara 7 Teodosic si è avvicinato e l’ha abbracciata. Che segnale è per il basket?«È stata una serie fisica, con colpi anche al limite del proibito. Alla fine ci si complimenta a vicenda: la bellezza di questo scudetto sta anche nel valore dell’avversario».
    Anni fa Milano era una sorta di buco nero per i giocatori italiani. Con l’arrivo di Messina è cambiato tutto: cosa ha di speciale Ettore, allenatore estremamente esigente?«È difficile, ma io venivo da cinque anni con Obradovic, che non sono stati propriamente una passeggiata… Quando lavori con queste leggende del basket, ti fanno sudare. Però a fine stagione festeggi dei titoli: ogni cosa acquista un senso, e capisci. Ettore ha un grande senso di dedizione e di responsabilità. E la cura dei dettagli: lui ogni partita la tratta come se fosse una gara 7 per lo scudetto».
    Lei non solo ha segnato 16 punti, ha persino annullato Belinelli, pericolo pubblico numero 1. Come ha fatto?«Abbiamo provato per tutta la serie a difendere su Marco, e lui ha sempre fatto dei canestri pazzeschi. Due giorni fa ha fatto dei tiri magari persino più facili rispetto al passato, e non gli sono entrati».
    “Il gigante del campetto” è un fumetto in cui lei, protagonista, insegna ai bambini i valori della vita, soprattutto avere fiducia nei propri compagni. Valori che ha ritrovato anche all’Armani?«Se ho potuto fare una gara come quella di venerdì è perché ho ricevuto tanta fiducia dai miei compagni: mi hanno cercato, mi hanno trovato, hanno creduto in me. Senza fiducia reciproca non si va lontano».
    Vuole dire qualche cosa a quello scansafatiche di Melli, che subdolamente ha commesso subito due falli per riposare in panchina e poi fare il fenomeno nel secondo tempo?«Ma no, poveraccio! (risponde ridendo Datome cogliendo l’ironia, ndr). Ci ha trascinato sempre, ha giocato tutte le partite tra Italia ed Eurolega, facendo un fantastico lavoro fisico, di presenza, di energia. Quindi un enorme pezzo di questo scudetto porta il suo nome».
    Purtroppo dobbiamo chiederglielo: il suo futuro sarà ancora a Milano?«Adesso penso solo a festeggiare e andare in vacanza con la famiglia. Poi con calma, serenamente, prenderemo la decisione migliore per tutti».
    E la Nazionale, di cui lei è capitano?«Ecco, questo sì è il momento di parlare con il ct Pozzecco. Perché di cuore io in azzurro voglio sempre esserci. Però voglio anche capire con il Poz se sarà giusto e utile per la squadra». LEGGI TUTTO

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    Diretta Olimpia Milano-Virtus Bologna, finale playoff: segui gara 5 LIVE

    21:29
    Olimpia-Virtus 42-37: via al terzo quarto
    Finito l’intervallo, partito il terzo quarto: Olimpia e Virtus di nuovo in campo con il risultato di 42-37 in favore di Milano e Bologna a inseguire.

    21:22
    Olimpia, Baron è già in doppia cifra
    A trascinare Milano nei primi due quarti è Baron, che con 12 punti è l’unico finora in doppia cifra. Nell’Olimpia in luce anche Shields (8) e Melli (7) mentre i migliori per Bologna sono stati finora Jaiteh (8), Cordinier (8) e Belinelli (7).

    21:14
    Olimpia-Virtus 42-37: Milano sul +5 all’intervallo
    Nessun canestro negli ultimi secondi del secondo quarto, con Milano che va all’intervallo di gara 5 sul +5 contro Bologna: 42-37 il risultato. 

    21:12
    Olimpia-Virtus 42-37: time-out per Scariolo
    Time-out per Bologna chiamata da coach Scariolo a meno di un minuto dall’intervallo lungo, con Milano sul +5 (42-37)

    21:05
    Olimpia-Virtus 38-31: Milano a +7, time-out per Messina
    Milano tiene Bologna a distanza: 38-31 e time-out chiamato per l’Olimpia da coach Messina con 3’30” ancora da giocare

    20:57
    Olimpia-Virtus 32-26: Milano allunga, time out Bologna
    Fiammata di Milano che cerca l’allungo: 32-26 al 13′ e time-out chiamato per Bologna da coach Scariolo.

    20:54
    Olimpia-Virtus 26-26 a inizio secondo quarto
    I primi punti del secondo quarto sono per la Virtus Bologna, che torna in parità (26-26)

    20:50
    Olimpia-Virtus 26-24: finito il primo quarto
    Il primo quarto della gara 5 della finale scudetto si chiude con un +2 in favore di Milano su Bologna: 26-24 il risultato (Shields 6, Baron e Melli 5, Datome e Hines 3, Hall e Voigtmann 2 per Milano; Belinelli 7, Jaiteh 6, Cordinier 5 per Bologna).

    20:47
    Olimpia-Virtus 20-16: Shields riporta Milano sul +4
    Canestro in contropiede di Shields che riporta Milano sul +4 contro Bologna.

    20:41
    Olimpia-Virtus 12-12: si accende Belinelli, aggancio Bologna
    Si accende Belinelli (già 7 punti in questo avvio) e Bologna torna a galla, riagganciando Milano sul 12-12.

    20:36
    Olimpia-Virtus 9-5: subito tripla per Datome
    Buona partenza per Milano, che prova ad allungare fin dall’avvio grazie a Datome (tripla) e i primi canestri di Melli.

    20:31
    Olimpia-Virtus: iniziata gara 5
    Iniziata la gara 5 della finale scudetto al Forum di Assago: di fronte l’Olimpia Milano e la Virtus Bologna, con la serie al momento sul 2-2.

    20:27
    Olimpia Milano-Virtus Bologna: i quintetti iniziali
    MILANO: Napier, Shields, Datome, Voigtmann, Melli.VIRTUS BOLOGNA: Hackett, Cordinier, Belinelli, Shengelia, Mickey.

    20:18
    Squadre in campo per il riscaldamento
    Tra poco Olimpia Milano e Virtus Bologna si sfideranno nella gara 5 della finale scudetto: le squadre sono in campo per il riscaldamento sul paquet del Forum di Assago.

    20:08
    Milano, Kyle Hines c’è
    Sciolto il grande dubbio della vigilia in casa Milano: Kyle Hines, uscito acciaccato da gara 4 per una contusione alla spalla sinistra, figura regolarmente tra i 12 giocatori in lista.

    19:55
    Olimpia-Virtus, tutto pronto al Forum
    Tutto pronto al Forum di Assago per la gara 5 della finale scudetto, che vedrà l’Olimpia Milano e la Virtus Bologna sfidarsi con la serie ferma al momento sul 2-2.

    Milano, Mediolanum Forum LEGGI TUTTO

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    Semifinali scudetto: Bologna vince anche gara 2 contro Tortona

    Bologna, Michey top-scorer della serata
    I padroni di casa partono con il freno a mano tirato e permettono a Severini di portare gli ospiti sul +7 (10-17) fino alla rimonta firmata prima da Teodosic e poi da Michey che con 20 punti messi a segno è top-scorer della serata. Ora la serie si sposta a Casale Monferrato per gara-3. LEGGI TUTTO

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    Basket, semifinali scudetto: Bologna vince gara 1 contro Tortona

    BOLOGNA  – Parte bene la Virtus Segafredo Bologna nella semifinale scudetto contro Bertram Yachts Derthona Tortona, battuta 84-61 nella prima gara della serie (mentre Milano ha superato Sassari nell’altra semifinale).
    Belinelli e Ojeleye trascinano Bologna
    Gli emiliani sono riusciti a sfruttare al meglio il fattore campo sul della Segafredo Arena, dove il giocatore ospite Macura è stato il top scorer del match con 20 punti ma Belinelli e Ojeleye (15 punti a testa) hanno trascinato i padroni di casa al successo insieme ad Hackett (14 punti). Il prossimo scontro è in programma tra due giorni (martedì 30 maggio) ancora a Bologna. LEGGI TUTTO

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    Legovich, coach di Trieste: “Città mia. Tutto l’anno in 4 giorni”

    Legovich, come ha vissuto la stagione da debuttante?

    «In primo luogo con grande orgoglio: dopo 7 stagioni da assistente un’opportunità unica per me e per il panorama cestistico del momento. Non è così comune avere il coraggio di questa società. Da triestino l’orgoglio è più grande, un’extra motivazione. E i proprietari subentrati mi hanno confermato fiducia, inattesa dopo i ko con Reggio Emilia e Scafati».

    Perché i giovani allenatori hanno meno opportunità?

    «Oggi penso che per allenare e gestire una squadra, ci voglia anche molto altro. Un aspetto che complica è la gestione dell’extra, il rapporto con la stampa e con i social, cassa di risonanza da gestire nel modo giusto. In ragione delle spese, tante società non hanno pazienza o coraggio di investire in prospettiva su un giovane. E ci sono momenti difficili cui resistere, ne abbiamo avuti e non ne siamo ancora usciti. Siamo alla vigilia di una gara decisiva».

    Deangeli, triestino e capitano a 22 anni, ha ricordato che quando aveva 13 anni lei gli disse “ci vediamo in A”. Veggente?

    «Allenavo la rappresentativa provinciale di Trieste, Deangeli era di un’altra società, mi colpì la sua passione e voglia di migliorare. A fine torneo dissi che se avesse mantenuto passione e fame, Lodovico sarebbe arrivato in A. Io però non mi immaginavo in A, non così presto».

    Bossi, Campogrande, Ruzzier e Lever, 53 punti su 85 in 4 nello spareggio salvezza. L’italiano sente più l’attaccamento?

    «Per background culturale il giocatore italiano comprende più facilmente cosa significhi una gara simile, gli Usa non sono abituati. Eppoi avere tre giocatori di Trieste più Campogrande e Lever alla seconda stagione qui ha creato quel tipo di amalgama, di affetto loro verso la città stessa. Avendo in spogliatoio questo tipo di comprensione, è più facile per tutti».

    Si pensava foste spacciati per il caso doping che vi ha tolto Davis. Cosa ha detto ai ragazzi?

    «È stato un altro imprevisto e squarti-acque, l’abbiamo appreso scendendo dal pullman al palasport di Sassari. Ci ha fatto bene subito dopo Sassari viaggiare e stare tre giorni a Pesaro. Lì abbiamo potuto parlare, preparaci, superare il momento. Il gm Ghiacci è venuto a trovarci, ci siamo compattati ancor più. A Pesaro siamo crollati nel fi nale, con Verona abbiamo giocato 2 quarti di gran rabbia, abbiamo subito rimonta ma siamo stati bravi a reagire».

    Assistente di Dalmasson e Ciani. E per il gioco dice di rifarsi a Ramondino e Scariolo.

    «Ho lavorato con grandi due capi allenatori come Eugenio e Franco che mi hanno dato tanto con spunti diversi, è il bello di avere più persone al fianco. Poi studio da autodidatta, guardando tantissima Eurolega, confrontandomi. Importantissima la Nazionale Under 20 con Magro, non solo uno dei migliori, ma con lunga esperienza anche da assistente».

    Alla nomina ha provato paura?

    «La nomina mi è sembrata più grande di me. D’altra parte erano 7 anni che lavoravo giorno e notte per l’obiettivo. Non si è mai pronti fino in fondo, ma bisogna saltare sul treno in corsa, trovare posto e sedersi».

    Come si allenano i giovani di oggi?

    «Per età ho più facilità a rapportarmi, bisogna trovare la chiave, vanno aiutati molto a essere autonomi e responsabili in campo, fare scelte consapevoli. È il passo più grande come persone e poi giocatori. Ho fatto mia la parola magica di Messina: autoesigenza. Ecco, tanti non hanno il fuoco dentro».

    Padroni del destino, domenica a Brindisi

    «È fondamentale non pensare agli altri campi, essere in settimana molto bravi a recuperare energie e resettare dalla bella vittoria, in 4 giorni ci rigiochiamo tutto». LEGGI TUTTO

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    Pozzecco esclusivo: l’Italia ambiziosa, i Mondiali, i giovani e Banchero

    Pozzecco, com’è cambiata la sia vita da papà?

    «Sono estremamente felice, Un mio amico mi prendeva in giro quando dicevo  un anno che i miei azzurri erano come figli perché non ero ancora papà. Lo so che sono emozioni diverse, io prendo Gala dalla culla, la porto con me a letto e me la metto sul petto, la sento respirare, non potrei farlo con Melli o Polonara. Con un figlio hai la necessità che stia bene, quando piange vorresti piangere tu, così come quando ha la febbre o male al pancino. Ma intendevo dire che a me interessa soprattutto che i miei giocatori stiano bene e possano esprimere in campo il loro talento e fuori la loro personalità».

    Essere stato un grande giocatore la ispira, dunque. Diverso dai coach non giocatori?«La prima impressione che si ha di un coach ex giocatore è sbagliata. Si pensa sia favorito dal sapere cosa farà un atleta. Invece è penalizzante perché uno potrebbe aspettarsi l’identico modo di reagire dal punto di vista emotivo e tecnico alle situazioni e non succede. Generalizzando può aiutare l’empatia. Ma anche in questo ci sono casi diversi. Io uso l’empatia per aiutarli, è il mio unico obiettivo. Se un giocatore sbaglia so che è il più dispiaciuto, certo, in casi di menefreghismo mi arrabbio e correggo, ma tra i giocatori di oggi i menefreghisti non esistono. Soffrono per i loro errori».

    Lei però è uno che vive di emozioni e le mostra. Come fa invece con i giocatori?«Vivo le partite in modo animato, acceso, è vero. Ma nella quotidianità, pur incazzandomi quando è necessario, sono sereno e voglio trasmettere questo. Come coach sono cambiato dopo Varese. Arrivato a Sassari ho capito che i giocatori vedevano il peggio di me in partita, che perdevo il controllo, ma in settimana ero diverso. Allora ho cercato di mediar e mi sono spiegato. E quello mi ha aiutato. Io posso allenare solo così. Per me allenare è coerenza, anche se il compianto Maurizio Costanzo diceva che ogni tanto la coerenza è stupidità. Alla fine sa qual è la chiave? Io mi fido di loro, perciò mi spendo per loro. E questo crea consapevolezza, in me e in loro. Poi arriva il momento delle decisioni e soffro se devo escludere qualcuno, anche perché a volte un giocatore non capisce. A me è successo, ai tempi. Ora dico una cosa che penso e non ho mai detto. Io non sono peggio di come appaio, perché non sono preoccupato di come appaio. Però vivo in un mondo in cui tutti cercano di mostrarsi meglio di quanto siano, preoccupati. Dunque sembrano meglio di me. Ma i giocatori capiscono, prima o poi».

    Ha parlato delle decisioni, quest’anno lei potrebbe avere problemi di abbondanza.«Io ne porterei 35, ma poi forse il 36° si arrabbierebbe comunque. Farò scelte tecniche, ma dando opportunità a tutti. Abbiamo giovani emergenti, i reduci dall’Europeo che hanno meritato. Ma sono orgoglioso di loro e degli altrui progressi. Io vedo che almeno 16-18 giocatori potrebbero entrare nei 12. Ma forse l’unico aspetto negativo di un lavoro meraviglioso».

    Lei è stato ed è tuttora personaggio. Il Basket ha bisogno di giocatori che siano personaggi e riferimenti. Come fare?«Credo sia una questione generale, anche nel calcio per esempio. Forse è il talento più diffuso, la possibilità di allenarsi in modo più sofistico. Ma anche io credo sia necessario, soprattutto che nelle squadre ci siano giocatori di riferimento per gli appassionati, che si creino rivalità. In modo che il pubblico e i bambini, i ragazzini, si possano identificare. Occorre che le società in tal senso cambino e si aprano, aiutino i ragazzi a esprimersi. Io vivo un momento di grande entusiasmo perché girando per i campi e i raduni, vedo tanti giovani di grande talento. Noi avevamo un vantaggio, potevamo identificarci già nei ragazzi che crescevano nelle giovanili e si preparavano a sostituire i grandi. Ricordo che andai a vedere una finale giovanile perché c’erano Morandotti e Fumagalli. Tre settimane fa ai raduni Under 15 e 16 ho visto ragazzi che possono diventare fenomenali. Ma dobbiamo ritrovare il romanticismo e il coraggio di quei tempi, puntare su almeno un giocatore rappresentativo per ogni squadra».

    Sgomberiamo il campo dal “caso” Banchero, su cui c’è stata un po’ di confusione. Tanto una risposta Paolo la darà.«Dobbiamo riconoscere che sia cambiato lo scenario. Con lungimiranza la Fip, Trainotti, Fois avevano individuato un grande talento dotato anche di grande etica. A causa del covid non è potuto venire prima. Poi è cresciuto al di là delle più rosee previsioni. Siamo contenti che se lo sia meritato, ora la sua scelta è più difficile. Banchero è un ragazzo estremamente serio, non focalizzato soltanto su se stesso, con idee chiare. Ha un modo di giocare e una comprensione del basket di livello tale che si può adeguare ovunque. Abbiamo sognato, teniamo la speranza accesa, ma tutto è cambiato. Ci darà una risposta, sono sicuro, per tempo. Nel frattempo io vado avanti». LEGGI TUTTO